A Venezia in mostra il Wagner eroe dell’immaginario popolare come il Che

11 Mar 2013 13:07 - di Gloria Sabatini

Più del pupone che va a ruba nello scambio delle storiche figurine Panini. Più dell’immarcescibile comandante Che Guevara che campeggia su felpe, adesivi e t-shirt. Nella seconda metà dell’Ottocento a sedurre i gusti collettivi dell’epoca era un signore colto e inarrivabile di nome Wilhelm Richard Wagner. Il grande compositore tedesco (classe 1813), che secondo Nietzsche rappresentò  il massimo esempio dello spirito dionisiaco nella storia della musica, era una “moderna” pop star, oggetto di veri e propri culti di massa. A svelare l’immagine inedita del divino maestro è la mostra Fortunity e Wagner, il wagnerismo nelle arti visive in Italia visitabile fino all’8 aprile a Palazzo Fortunity a Venezia, dove il compositore morì.  Frutto di un lungo lavoro di ricerca intorno all’influenza che l’artista tedesco esercitò  a livello iconografico ed estetico sulle arti visive italiane, la mostra conferma – prove alla mano – che il wagnerismo fu una moda culturale e non di élite. Il maestro, per esempio, fu utilizzato nella pubblicità degli antenati dei dadi da cucina facendo bella mostra di sé sulle figurine che venivano date in omaggio per ogni confezione di estratto di carne in scatola. Il prodotto era distribuito in tutta Europa e collezionare le figurine Liebig diventò un’ossessione collettiva. Ma non solo: i personaggi delle sue opere divennero storie popolari conosciute, amate e odiate, da tutti. Anche chi non aveva mai visto un pentagramma prendeva a esempio il coraggio di Parsifal, o vagheggiava una fidanzata come Siglinda o copiava la pettinatura di Brunilde. Se oggi l’Opera è per pochi sedicenti raffinati, tra Otto e Novecento era uno spettacolo popolare. Si piangeva, si rideva, si mangiava, ci si identificava coi personaggi di Wagner. Come oggi con i beniamini del cinema e della tv. In tutta Europa spuntarono associazioni wagneriane da far impallidire i fan club di oggi: una rete capillare con sedi fino a San Pietroburgo, che nel 1884 contava quattrocento circoli solo in Germania. Tutto questo: curiosità, chicche inedite, ma anche opere neoromantiche e simboliste di autori famosi come Previati, Sartorio, Wildt e Fortuny, nella mostra di Venezia che ha scelto un modo meno ingessato e convenzionale della Scala (che ha aperto la stagione con il Lohegrin di Wagner) per omaggiare un artista geniale e controverso. Che dopo duecento anni riecheggia nella musica leggera (pensiamo al Parsifal dei Pooh) o nel “rock wagneriano” del grande pianista statunitense Jim Steinman.

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