Banchi vuoti in Parlamento a destra. L’ultimo dolore
I banchi della Destra in Parlamento sono desolatamente vuoti. Nessuno li vuole occupare. Hanno provato ad assegnarli ai grillini, ma li hanno sdegnosamente rifiutati. Il Pdl si è spostato verso il centro dando seguito alle sue più intime pulsioni. La pattuglia di Fratelli d’Italia, che pure vorrebbe occuparli, non ne ha la facoltà: in quanto iscritta al gruppo misto deve trovare spazio in “piccionaia”, cioè nelle ultime due file in alto. La Destra a Montecitorio e a Palazzo Madama, dunque, non c’è più neppure geograficamente. Quella porzione dell’emiciclo che dal 1948 è stata occupata da missini, monarchici e da una manciata di liberali spostati più verso le postazioni centrali, resterà a disposizione di chi vuole andarsi a sedere quando non è obbligatorio votare, penso alle sedute comuni o al tempo dell’attesa durante la “chiama” per la fiducia al governo o all’elezione di alte cariche dello Stato.
Uno spazio a disposizione, insomma. Spazio di nessuno.
Ricordo i posti che ho occupato nel corso di quindici anni e mi assale una ben strana malinconia. Almeno l’ultimo sul quale mi sono seduto, nel settore più estremo, il primo entrando in Aula da destra, forse resterà libero per tutta la legislatura. Non è consolante pensare che laddove hanno da protagonisti vissuta la loro esperienza parlamentare Almirante e Romualdi, Roberti e Niccolai, Rauti e Valensise, Anfuso e Michelini, De Marsanich e De Michieli Vitturi, Pazzaglia e Tassi, Caradonna e Birindelli, Covelli e Lauro, Tatarella e Guarra, Tripodi e Servello, Mitolo e Mennitti – i primi che mi vengono in mente – adesso non c’è nessuno. La plastica scomparsa della Destra come soggetto parlamentare unitario e riconoscibile. Uno sguardo traumatico sul vuoto.
Mai avrei immaginato uno scenario del genere. E credo che nessuno l’avrebbe immaginato, neppure coloro che si sono maggiormente distinti, a diverso titolo, perché la Destra morisse. Ma ciò che è accaduto non ha dell’incredibile: semplicemente doveva succedere. Quando su una comunità politica si abbattono sventure come quella di perdere la bussola, il minimo che può verificarsi è la sua liquefazione che in termini parlamentari corrisponde esattamente a quegli spazi vuoti che gli ordinari visitatori di Montecitorio osserveranno e forse si domanderanno, dalle tribune dalle quali assisteranno a brandelli di sedute, come mai lì non c’è nessuno. I commessi cui si rivolgeranno, forse non sapranno o non vorranno dare risposta.
Meglio così. Meglio che nella fantasia degli studenti che quotidianamente affollano la Camera si accenda il dubbio se su quei posti non siedano in raltà delle ombre. Io, uscito da dove non avrei mai pensato di entrare nella mia ormai lontana gioventù,non proverei a dissuaderli. Anzi, continuerò ad immaginare che laddove ora non c’è nessuno continuano a vivere passioni e memorie. Un pezzo d’Italia che non ci penso proprio a rimuovere. In quell’assenza c’è tutta la mia Destra.