I due marò indagati a Roma. L’Italia vuol dimostrare all’India che la giustizia farà il suo corso anche qui
Dall’India arriva l’ultimatum all’Italia. I marò «possono ancora tornare in India entro il 22 marzo. Se ciò avviene si può porre rimedio a questa sfortunata situazione». È quanto riporta The Telegraph, lo storico quotidiano di Calcutta, in un’intervista al ministro indiano della Giustizia Ashwani Kumar. Un aut aut chiaro che lascia presagire nuove tensioni col governo di New Deli. Ma il rientro dei marò al momento non appare possibile anche perché Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono indagati dalla procura di militare di Roma per i reati di «violata consegna aggravata» e «dispersione di oggetti di armamento militare». Un’inchiesta che dovrebbe giustificare la volontà di tenere i due marò in Italia: non li mandiamo in India ma li stiamo processando qui. La loro iscrizione nel registro degli indagati risale a subito dopo la morte dei due pescatori indiani, ma la notizia si è appresa solo mercoledì al termine del lungo interrogatorio cui è stato sottoposto Girone dal procuratore militare Marco De Paolis. Il procuratore militare ipotizzando il reato di violata consegna, intende proprio accertare se siano state rispettate le regole d’ingaggio e le disposizioni che regolano il servizio di protezione a bordo dei mercantili (mentre il reato di dispersione di oggetti di armamento militare fa riferimento alla “dispersione”, appunto, dei proiettili sparati dai due fucilieri). Lo stesso De Paolis, però, sarebbe intenzionato a spogliarsi del caso, lasciando tutta l’inchiesta in mano ai magistrati di Piazzale Clodio che indagano per omicidio volontario. Con l’interrogatorio dei due marò De Paolis ha di fatto concluso la serie di atti istruttori avviata subito dopo i fatti, quando li aveva iscritti nel registro degli indagati, oltre che per i due reati militari, anche per quello “comune” di omicidio colposo. Proprio con riferimento a quest’ultimo reato aveva trasmesso per competenza gli atti alla procura ordinaria, che ha poi riformulato l’accusa in omicidio volontario. E proprio da piazzale Clodio si registrano sviluppi, con la decisione dei pm di disporre (per il 28 marzo) una consulenza tecnica sul computer e sulla macchina fotografica di bordo della petroliera Enrica Lexie, sulla quale erano imbarcati i marò per ricostruire quanto accaduto. Una ricostruzione, comunque, parziale, visto che nel fascicolo mancano ancora i risultati delle autopsie dei due pescatori, le perizie balistiche, le prove di sparo sulle armi di Latorre e Girone ed i resoconti dei testimoni indiani. Documenti sollecitati in due rogatorie internazionali alle autorità indiane, ma che non sono ancora arrivati.