Il Pd fa eleggere Grasso ma Berlusconi può consolarsi: chi ha vinto voleva premiarlo per la sua lotta alla mafia
È finita come si temeva: nel caos, più che nell’intesa istituzionale. Grillini spaccati, montiani indecisi a tutto, tranne che sulla scheda bianca, il Pdl fermo sul nome perdente di Schifani e il Pd che porta a casa la candidatura alla presidenza del Senato grazie a qualche franco tiratore pescato al centro e soprattutto tra i “dissidenti” del Cinque Stelle. Soprattutto tra i senatori sicilaini del M5s, che in barba alla democrazia interna che prevedeva di adeguarsi alle decisioni della maggioranza del gruppo, si sono concessi la libertà di voto pur di non favorire Schifani. Un primo smottamento, quello dei grillini, che rischia di incancrenire il confronto con il Pd, più che favorirlo. Anche se i Democratici esultano e sognano intese future (e possibili transfughi…) anche per un governo a guida Bersani. Il ballottaggio è finito 137 a 117 per Grasso su Schifani (12 voti in più di quelli del centrosinistra) con 57 schede bianche, alla presenza di Silvio Berlusconi arrivato in aula con un paio di occhialoni neri per votare il presidente uscente e contestato da alcune persone all’esterno del Senato. Il Cavaliere ha però sminuito l’importanza di questo voto per la massima carica di palazzo Madama: «Siamo in una situazione molto grave. Ci sono due partiti al 30% e ciascuno ha la responsabilità di guidare il governo del Paese. Monti con il suo 10% è ininfluente», ha spiegato Berlusconi, dando della “setta”, come Scientology, al movimento di Grillo. «Ma il voto sulla presidenza del Senato non ha molta importanza». Il Cav e i vertici del Pdl si erano visti a pranzo a Palazzo Grazioli e avevano ipotizzato di poter tessere un dialogo con i montiani. Che però hanno scelto una linea astensionistica (rotta anche in questo caso da un manipolo di dissidenti che ha votato Grasso) nonostante un incontro del premier con Schifani che sembrava preludere a un accordo. Sul voto “blindato” dei centristi s’è scatenata poi la rabbia di Maurizio Gasparri: «È spiacevole dover constatare che chi ha fatto una “Scelta civica” abbia ordinato ai suoi senatori di attraversare velocemente la cabina in modo da essere sicuro che non esprimano alcuna preferenza, violando la segretezza del voto». La vittoria di Grasso è stata scandita dall’esultanza tra i banchi del centrosinistra, ma Berlusconi e il centrodestra, Lega compresa, possono cosolarsi ricordando che l’ex procuratore antimafia aveva rotto uno storico tabù lodando il precedente governo proprio nella lotta alla criminalità. Un’uscita che imbarazzò tantissimo, già allora, sia gli antiberlusconiani militanti che il Pd, che su quel giudizio ha fatto calare una cortina di silenzio. Ma quell’audio della trasmissione “La Zanzara” del maggio 2012, in cui Grasso dichiarava di voler dare un premio speciale a Berlusconi e Maroni per l’impegno antimafia, resta lì a testimonare un giudizio autorevole su una stagione archiviata troppo rapidamente con un golpe tecnico finito poi nel disonore politico.