M5s: dopo l’endorsement di Goldman Sachs, la benedizione Usa

14 Mar 2013 18:30 - di Marcello De Angelis

Difficile sostenere, pur in un periodo di manifeste assurdità, che l’interesse della Goldman Sachs coincida con l’interesse del popolo italiano. Difficile anche immaginare, in tutta sincerità, che gli Usa tifino per un rafforzamento dell’Europa e della sua economia. Anzi, già dal 1989 – e non solo negli scritti di Hungtindon e del meno lucido Fukuyama – gli analisti Usa hanno indicato come nuovo pericolo per l’egemonia americana la crescente potenza continentale europea. Basta saper leggere due parole di inglese e essere incappati in uno stralcio di articolo della stampa americana degli ultimi anni per sapere che il più grande auspicio degli economisti d’Oltreoceano è il fallimento dell’euro. Ciò detto, se qualcuno avesse ancora un briciolo di attività cerebrale non potrebbe non porsi la solita annosa domanda: cui prodest? Perché di solito la risposta a questa domanda è semplice e fa capire cose apparentemente complesse anche agli idioti. A chi giova quindi la crescita da maionese impazzita del movimento di Casaleggio? Perché l’ambasciatore Usa Thorne è improvvisamente diventato un agitprop del movimento grillino e va in giro a invitare i giovani italiani a aderire in massa al nuovo cult? Forse perché Grillo annuncia iniziative contro l’euro e contro l’Europa? E perché la Goldman Sachs (che Grillo definiva il «datore di lavoro di Monti», il tizio che ha raso al suolo il nostro tessuto produttivo gridando «L’Ue lo vuole!») definisce ai propri investitori e soci la vittoria degli sfascisti a cinque stelle come una «grande opportunità»? Certo, se qualcuno ha l’intelligenza di porsi queste domande avrà anche l’intelligenza di darsi delle risposte. Che probabilmente non leggerete sul Corriere della sera.

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