Per il Pd è sempre tutta colpa degli elettori: «Non ci hanno capito»
Non ci hanno capito. Ancora una volta, come sempre. Anche nel momento della verità, all’esame della Direzione del Pd che non si preannuncia tenero, Bersani non rinuncia ai paradossi acrobatici e alle alle mezze affermazioni. «Abbiamo cercato scelte in controtendenza, abbiamo parlato in campagna elettorale con le parole del “cambiamento” e con iniziative come le primarie, ma questo non è stato percepito», esordisce analizzando il voto di fronte al gran pienone dell’assemblea riunita a Largo del Nazzareno, convocata per votare la proposta del segretario su un governo di minoranza che si presenti alle Camere per chiedere la fiducia, in primis al M5S, su un programma di 8 punti. L’avanzata del centrodestra, per lui, è un’illusione ottica: «Il nostro arretramento ha fatto sì che ci fosse una loro rimonta». Ancora. «Meglio di noi non c’è nessuno», spiega. «Gli altri partiti non possono offrire qualcosa di meglio per la governabilità, non hanno le intenzioni né i numeri. Oltre a qualche idea per sbarrarci la strada, non hanno qualcosa da dire al Paese. Tocca a noi fare la proposta». Poi, l’angolo della metafora: «Non vorrei che un’interpretazione formale della governabilità sia un coperchio malposto su una pentola a pressione…», dice spiegando che governare non significa solo «avere seggi sufficienti» e ribadendo il no all’eventualità di un governo sostenuto dai voti di Pd e Pdl insieme. Sul tema, chiarisce «siamo pronti a corresponsabilità istituzionali», ma sul governo non sono «praticabili» accordi politici con il centrodestra. Immagine colorita, stavolta prendendo di petto i grillini: «Il Pd non accetta un accordo spurio» e non farà il bersaglio facendosi «sparare a palle incatenate». E incalza: «Chi ha avuto un consenso di 8 milioni di elettori e ha scelto la via parlamentare deve dire cosa vuole fare. In un tornante drammatico della storia non può ridursi a una proposta sulla raccolta differenziata», incalza Bersani. Cosa intende fare il Movimento 5 Stelle? Aspetta «l’audistruzione del sistema politico?». Se è così «fanno dei conti sbagliati». Poi gli otto punti sui quali chiede il semaforo verde dalla direzione: «Il primo è, fuori dalla gabbia dell’austerità». Poi «misure urgenti sul blocco sociale». Ancora: «Riforma della vita politica e pubblica». Quarto: «Voltare pagina sulla giustizia e l’equità». Poi una norma contro «il conflitto di interesse e doppi incarichi». Sesto punto, corteggiando Grillo, «economia verde e sviluppo sostenibile». Settimo, occhieggiando a Vendola, apertura ai «matrimoni gay e alla cittadinanza a chi è nato in Italia». E per ultimo punto: «istruzione e ricerca». Otterrà l’ok? Non tutte le anime del partito vedono di buon occhio l’eventuale alleanza con M5S, anche se formalmente la leadership di Bersani non è in discussione. I malesseri ci sono e c’è attesa per l’intervento di Matteo Renzi, che ha già giurato tre volte negli ultimi tempi: prima di non voler pugnalare il segretario, poi di voler agire solo da vincitore e poi che non farà un intervento di rottura. Un po’ troppo a giudicare dal suo attivismo di questi giorni….