Potreste, per favore, ricordarmi chi nel Pdl ha rifiutato Monti dalla prima votazione?
Lo so. Chi si loda si sbroda. E un po’, a scrivere quest’articolo, dovrei vergognarmi. Ma avete presente quando la fidanzata della vostra adolescenza, che trattavate come una principessa quando faceva la cameriera, si trova uno ricco, gira in Porsche e non ti saluta più? Non vi rode il cosiddetto chiccherone? Ebbene sì. Sono umano anch’io. Sono contento che Alfano – fino a qualche settimana fa lo chiamavo anch’io “Angelino” – sia fiero di aver fatto cadere Monti. Ma quando io non ho votato la fiducia all’insediamento del governo tecnico il clima nel gruppo della Camera non era esattamente questo. Lo so, la disciplina è disciplina. Uno deve obbedire, anche se gli dicono di fare una cosa sbagliata. Ma io non l’ho fatta e ho impallinato il governo tecnocratico tutti i giorni dalle colonne del Secolo e col voto in aula, ininterrottamente. E credo sia un merito. Ora quello che dico ha un peso diverso, perché lo dico da giornalista o libero pensatore e non da parlamentare. Sono stato sostituito da altri, che sicuramente avevano altri meriti. Il problema dei meriti è che sono assolutamente soggettivi. Non mi posso lamentare. Se il progetto del Pdl oggi è di governare brevemente e nell’interesse dell’Italia con Bersani – e in assoluto non dico che è sbagliato – sono comunque contento di non essere in Parlamento. Perché come non ho votato la fiducia a Monti, ottusamente non voterei nemmeno quella a Bersani. Fine dello sfogo. Il detto secondo cui la coerenza è la virtù degli imbecilli non mi ha mai convinto. E lo dico avendo perso decine di notti di sonno nel sospetto – spesso purtroppo fondato – di essere stato incoerente. La politica è anche questo: è compromesso, è mediazione. Ma non per forza ipocrisia. Ecco, mi sono tolto un sassolino dalla scarpa. Il Pdl è ancora la mia casa. Angelino, tanti auguri. Ti voglio bene lo stesso.