10 saggi, 10 giorni, 0 idee
Dobbiamo fare finta che i “gruppi ristretti” chiamati da Napolitano per svelare all’Italia quale sia la via d’uscita dalla crisi strutturale abbiano fatto un lavoro, se non entusiasmante, necessario? Dobbiamo dire che sono stati bravi perché tra i prescelti c’è anche qualche amico nostro? Sarebbe francamente ipocrita. E di una ipocrisia assolutamente inutile. I Dieci Cavalieri di Re Giorgio hanno fatto un bignamino delle proposte di cui si dibatte da alcuni anni in sede parlamentare. Ma è anche vero che in 10 giorni non si poteva fare di più. Infatti la vera eccentricità è stata l’istituzione del mini-consiglio da parte del Presidente. Alcune delle proposte – ad esempio l’abbandono del bicameralismo perfetto – sono state anche oggetto di tentativi di soluzioni referendarie, su proposta del Centrodestra, purtroppo bocciate. La riduzione dei parlamentari è stata anch’essa oggetto di proposte già discusse, durante le quali giustamente si è fatto notare che tale riduzione non può essere dovuta, come invece è, a ragioni contabili. Non si può cioè dire che bisogna ridurre i parlamentari perché sono una spesa da tagliare. E se così fosse meglio tenerne altrettanti ma con minore costo. Perché il numero dei parlamentari è calcolato sulla popolazione, ridurli riduce anche il contatto con il territorio e la possibilità di ricambio. Comunque, non è una soluzione a nulla. Diverso dire che due Camere rendono difficile governare stabilmente il Paese. Diverso e non del tutto giusto. Perché negli altri Paesi democratici ci sono due camere per assicurare una dialettica interna alle istituzioni e affermare la funzionalità essenziale del meccanismo di controllo e equilibrio dei poteri. Ovviamente nessuno fa fare lo stesso iter a una legge in due camere. Ma d’altronde nessuno ha la bulimia normativa che abbiamo noi. Il Parlamento viene chiamato a esprimersi quando l’indirizzo è già stato dato dal Governo e non c’è la possibilità di snaturare i provvedimenti con mille emendamenti. Quindi il problema sono le funzioni del Parlamento e il suo funzionamento, non il numero dei suoi componenti. Mettiamo da parte le proposte di modifica della legge elettorale, che sono risultate come una banale digestione della proposta su cui, tramite Violante e Quagliariello, si era tentata già un’intesa al Senato. Modello misto e non privo di confusione, non aderente alla realtà storica e territoriale italiana e ostaggio di un certo provincialismo che stravede per tutto quello che fanno all’estero. Sul versante economico invece ha prevalso il velleitarismo. “Sarebbe bello che” potrebbe essere il titolo. Sarebbe bello avere un reddito minimo garantito, ma non ci sono le risorse. Sarebbe bello applicare una progressiva riduzione fiscale a chi ha più figli (quoziente familiare) ma ogni volta che l’abbiamo proposto i vari ministri dell’economia hanno risposto che questo farebbe diminuire il gettito fiscale e far mancare le coperture alla spesa pubblica. Sarebbe bello combattere la povertà con uno “sviluppo equo e solidale”, ma non si capisce come e con quali strumenti. Purtroppo il commento più calzante lo ha fatto una senatrice grillino che ha detto che “dieci passanti avrebbero dato le stesse risposte”. Va aggiunto che dieci politici competenti e non del tutto ipocriti ne avrebbero date di migliori. Ma quelli hanno lasciato probabilmente il posto alla suddetta senatrice a cinque stelle. Ma è la volontà del popolo…