Come il Pd è caduto nella trappola della “rete” grillina e si è perso
Ci chiediamo ancora come abbia potuto un partito come il Pd abboccare all’amo del grillismo mediatico facendosi travolgere da una autentica “bufala”. L’invenzione di Rodotà alla presidenza della Repubblica, spacciata come una candidatura largamente popolare, è il frutto di poco più di quattromilaseicento clic, come ormai acclarato. Un po’ poco per una mobilitazione che si pretendeva corale e che, secondo i dirigenti del M5S, doveva essere fatta propria da tutto il Parlamento perché così deciso dall’impalpabile “volontà generale” incarnata da alcune centinaia di esagitati che manifestavano davanti a Montecitorio.
Beninteso, ognuno fa la propaganda che vuole e come meglio ritiene. Ma che una forza politica, per quanto disastrata, si faccia contagiare da qualcosa che non esiste, non è stata preparata, discussa, valutata, è veramente abnorme.
Ascoltare ancora oggi ragazzotti infatuati dai social network che si sono costituiti in movimento dalla bizzarra denominazione “OccupyPd” e dirigenti che venivano ritenuti di buona levatura ancora piegati sull’ “occasione mancata” di Rodotà presidente, è davvero il segno di una stortura politica che non deve sorprendere se ha portato agli esiti dei giorni scorsi.
Per una volta siamo d’accordo con Eugenio Scalfari che nel suo editoriale di domenica scorsa rilevava come e perché il professor Rodotà (peraltro suo amico e collaboratore illustre del suo giornale) si sarebbe dovuto ritirare proprio per il fatto di essere stato proposto (non si sapeva ancora come, mentre oggi si sa) da un movimento velleitario ed estremista senza cercare nessuna convergenza con le altre forze politiche. L’esimio giurista non lo ha fatto, evidentemente abbagliato dai riflettori che ne illuminavano la caratura politica imnprovvisamente diventata acquisizione comune di tutto il Paese (o quasi), come prentendevano i grillini.
Ecco, ne riparliamo oggi per sottolineare una volta di più le distorsioni della cosiddetta “democrazia della rete”, virtuale e menzognera nel senso che offre una realtà altra rispetto a quella effettiva ed è capace di costruire “casi” o “eventi” fondati più o meno su un pensiero da lanciare all’opinione pubblica affinché lo accetti acriticamente.
In questo senso, le parole di Giorgio Napolitano, pronunciate a Montecitorio, sono quantomai severe e responsabili: non si può contrapporre la piazza alle istituzioni; la vita politica deve svolgersi secondo modalità regolamentate dalla legge e previste dalla Costituzione. E’ una questione di buon senso, oltre che di legittimità. Chissà se il monito verrà accolto. Da come Grillo ha reagito, prima di rendere note le mirabolanti cifre delle “Quirinarie”, crediamo proprio di no.