Il Pd e Sel conoscono più i salotti che il popolo. Lo dimostra anche la gaffe di Laura Boldrini
Non è una gaffe. È un’ulteriore prova di quanto la sinistra – chiusa da anni nei salotti e in rapporti stretti con l’alta finanza – non sappia più interpretare la realtà, convinta di poter vivere ancora di rendita sull’operaismo di facciata. Le parole di Laura Boldrini, pronunciate a Civitanova Marche, hanno immediatamente fatto il giro del web: «Ho imparato la sofferenza del mio Paese negli ultimi tempi», ha detto testualmente, «io non immaginavo che in Italia ci fosse tanta povertà, tanto bisogno di cose essenziali». Sì, proprio così, non l’immaginava. Eppure la neopresidente della Camera non ha vissuto in un limbo, è stata la portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha svolto numerose missioni in luoghi di crisi, tra cui l’Afghanistan, l’Iraq e l’Iran. La sua presenza nelle liste di Sel è stata voluta fortemente da Nichi Vendola e la sua candidatura è stata inclusa tra le ventitré persone scelte dall’assemblea nazionale del partito senza passare dalle primarie. Ma nonostante il curriculum che l’ha portata subito nel ruolo istituzionale più alto, in una delle sue prime uscite pubbliche è scivolata clamorosamente e non è stata solo una caduta di stile. È paradossale meravigliarsi, stiamo affrontando la più grave repressione dal dopoguerra (e questo la Boldrini dovrebbe saperlo), è più di un anno che gli italiani hanno l’acqua alla gola (e anche questo la Boldrini dovrebbe saperlo), la disoccupazione è a livelli record, quotidianamente escono dati catastrofici, c’è una tragica serie di suicidi. Accorgersi solo ora che in Italia c’è tanta povertà è uno schiaffo a chi non ce la fa, a chi stringe i denti, a chi tiene duro. È uno schiaffo ai poveri, a chi è stato costretto a chiudere la sua azienda, a chi è stato licenziato proprio per questo. Ed è così che poi si perde credibilità, si fa perdere credibilità alla politica e si diventa “vittima” della rete, con i link che colpiscono duro, con le vignette ai limiti dell’insulto, con i commenti al veleno nei blog. Non è colpa del nuovo tritacarne chiamato web e neppure del popolo della rete. È colpa di chi parla senza freni. Specie se parla da presidente della Camera. Perché come insegnava Edmund Burke, il Cicerone britannico, «c’è un limite oltre il quale la pazienza cessa di essere una virtù».