Il Pd s’è arreso: via libera a un’intesa col Pdl. Bersani manda avanti (in ginocchio) il fido Franceschini
Alfano lo aveva detto proprio ieri sera: «Noi siamo qui, spetta al Pd fare la prima mossa». Che è arrivata, puntuale come una cambiale in scadenza, dalle colonne del Corriere della Sera, su cui oggi campeggia un’intervista del numero 2 dei Democratici, Dario Franceschini: bandiera bianca da una mano, l’altra tesa a cercare la stretta fatale col nemico, avanzata claudicante, come uno che procede quasi in ginocchio. «Basta complessi, sì al dialogo con Berlusconi», è la sintesi estrema di una resa che ha un nome e cognome, Pierluigi Bersani, e un regista non più occulto, Matteo Renzi. Cosa non si farebbe per arginare la sua ascesa, è facile intuirlo dai toni melliflui del “ravvedimento operoso” dei vertici del Pd. Franceschini, infilatosi con Bersani in un vicolo cieco, cerca ora di uscirne arrivando a negare le pregiudiziali anti-berlusconiane che avevanmo impedito, finora, di avviare una qualsiasi forma di dialogo col centrrodestra, costringendo il Pd a inseguire Grillo ben oltre gli agriturismo di Fiumicino: «Chiusa la possibilità di un rapporto con Grillo, non resta che una strada: uscire dall’ incomunicabilità. E abbandonare questo complesso di superiorità, molto diffuso nel nostro schieramento, per cui pretendiamo di sceglierci l’avversario. Ci piaccia o no, gli italiani hanno stabilito che il capo della destra, una destra che ha preso praticamente i nostri stessi voti, è ancora Silvio Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare», dice Franceschini, che sembra pensare a un’intesa sul nome di Bersani a Palazzo Chigi – «Il leader del partito di maggioranza può ancora tentare» – con appoggio esterno del Pdl, e un nome condiviso col centrodestra per il Quirinale. «So che è altamente impopolare – spiega Franceschini, – so che si rischia di scatenare le reazioni negative del proprio stesso campo, ma voglio dirlo: se noi intendiamo mettere davanti l’ interesse del Paese, dobbiamo toglierci di dosso questo insopportabile complesso, la sconfitta di Berlusconi deve avvenire per vie politiche. Non per vie giudiziarie o legislative». Incredibile, anche la spallata sull’ineleggibilità sembra essere stata accantonata. Ciò che serve, spiega Franceschini, è «un esecutivo di transizione, che prenda le misure necessarie per dare ossigeno all’economia mentre in Parlamento si fanno le riforme istituzionali: Senato federale, con conseguente riduzione dei parlamentari, e legge elettorale». Al Quirinale, prosegue Franceschini, «serve una persona con un’esperienza politica e parlamentare ma niente nomi». Sul dibattito interno al partito e le ipotesi di scissione dopo le dichiarazioni di Matteo Renzi, il vice Bersani taglia corto: «Ognuno si morda la lingua e si metta in testa che il Partito democratico deve restare unito e stringersi attorno a chiunque vinca le primarie, quando ci saranno». Ecco, appunto. Da oggi anche Franceschini e Bersani mordono lingue, più che smacchiare giaguari. Il famoso mordi e vinci: magari un governo,