Le metamorfosi di Topolino: a 85 anni diventa un eroe del pensiero filosofico, come Cartesio
Scaltro. Integerrimo. Democratico. Fascista. Sciovinista. Maschilista, americano nel midollo con venature europeiste e, a seconda dei periodi e dei processi di interpretazione estetica e rivisitazione culturale, politicamente corretto o meno. Oggi, addirittura, pignolo e supponente con antipatici richiami ai rigori montiani, quando non anticonformista ribelle, in avanguardistico stile grillino: in prolifici decenni di vita fumettistica e cinematografica, sul mitico Topolino, nato nel 1928 dalla geniale penna di Walt Disney, è stato detto tutto e il suo contrario, eppure, evidentemente, ancora non abbastanza.
Inesauribile fonte di speculazioni e associazioni, oggi l’ottantacinquenne Mickey Mouse in continua metamorfosi, torna al centro del dibattito socio-letterario grazie a un libro edito da Guanda, La filosofia di Topolino, firmato a quattro mani da Giulio Giorello, filosofo della scienza e brillante saggista, e da una sua collaboratrice, studiosa di filosofia politica, Ilaria Cozzaglio. Una nuova analisi critica del poliedrico personaggio, amato dalla famiglia Mussolini e definito da Ezra Pound «il più grande poeta d’America vivente», che stavolta sconfina finanche nell’universo filosofico, andando a scomodare addirittura Cartesio. Perché nella nuova rilettura filosofica di Giorello, l’infaticabile roditore, detective incorruttibile alla ricerca della verità investigativa, diventa un topo che medita e, dunque, per sillogismo aristotelico, un animale che dubita, esattamente come Cartesio definisce se stesso nelle Meditazioni metafisiche. «Dubito, ergo sum… Topolino», è quindi l’assioma di partenza dell’analisi proposta dal filosofo della scienza nel suo saggio, che promuove il leggendario roditore al rango di progressista antimetafisico, spingendolo oltre le colonne d’Ercole dei confini artistici, in nome di una sorta di viaggio omerico-fumettistico, in cerca di risposte in grado di appagare curiosità intellettuale e avventurosità sociologica, e stigmatizzando un nuovo punto di approdo nell’infinita peregrinazione interpretativa del mito Disney: le vicissitudini dell’eroe cartoon riflettono tipiche situazioni filosofiche.
E allora, esaminando una rosa di racconti esemplari, usciti tra gli anni Trenta e Sessanta, Giorello e la sua coautrice, partendo dal criterio matematico dell’analogia, leggono tra le righe di ruoli, atteggiamenti ed esiti narrativi ascrivibili tra protagonisti e comprimari all’universo di Topolinia, una serie di parallelismi filosofici, di allegorie letterarie e di rimandi scientifici, tali da indurre Giorello a dichiarare con certezza che il suo Topolino «empirista rigoroso, è un antimetafisico con il senso della relatività». Una rivoluzione copernicana applicata al pianeta Disney e ai satelliti degli stereotipi che gli ruotano intorno, che da Einstein ad Alan Turing, passando per l’Ulisse di Joyce, scomoda illustri precedenti per ridefinire la galassia di Topolino che diventa, nel saggio edito da Guanda – per dirla con le parole dello stesso autore – «un genio perturbatore che, per spregiudicatezza nel mettere in discussione la costellazione degli stereotipi, non ha nulla da invidiare a Russell, Lévi-Strauss o Feyerabend». Parola di filosofo.