Letta ottiene la fiducia ma scoppia il caso Imu: sospesa o abolita? Il Pdl lancia il primo ultimatum al governo
Prime baruffe nell’aria mentre al Senato arriva il voto di fiducia al governo Letta (233 sì, 59 no e 18 astenuti) al termine di una mattinata in cui il premier aveva esposto il suo programma fatto di svolte e discontinuità. Anche sull’Imu, vero nodo di questo inizio. Verrà abolita? Sospesa? Prorogata? È ancora la più ‘impopolare tassa sulla prima casa a dare problemi.
Il giorno dopo l’annuncio del premier a Montecitorio, che ha fatto tirare un sospiro di sollievo a tante famiglie e mandato in brodo di giuggiole Angelino Alfano, la parziale marcia indietro di Dario Franceschini provoca il primo caso all’interno del nuovo esecutivo. «L’Imu non verrà tolta, ci sarà una proroga per la rata di giugno – ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento – avremo quindi un problema di cassa per i Comuni e ci sarà anche la questione di evitare l’aumento dell’Iva nell’estate 2013. La prossima settimana vareremo un provvedimento apposito». Troppo evasivo come impegno da far serpeggiare il dubbio che l’annuncio solenne del nuovo premier potrebbe non trasformarsi in realtà. Dopo la richiesta di lumi avanzata da Altero Matteoli, arrivano le parole nette di Silvio Berlusconi: «Certo che sono fiducioso sia sull’abolizione che sulla restituzione. Non sosterremmo un governo che non attua queste misure né lo sosterremmo dall’esterno». Il pressing “costringe” il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio a spiegare meglio che cosa “c’è dietro”. «L’Imu verrà sospesa per la rata di giugno con l’impegno ad alleggerirla soprattutto per i meno abbienti». Rispetto alla rimodulazione dell’Imu, spiega, «c’è un problema di liquidità di Comuni che affronteremo». Il nodo verrà affrontato (sciolto?) con il ministro Saccomanni per evitare di mettere in crisi le amministrazioni comunali. Insomma non è tutto oro quello che luccica e lo stesso premier nella replica al Senato ammette che la situazione è complessa. «C’è un grande problema: c’è un carico d’aspettative francamente eccessivo su di noi». E soprattutto mette in guardia dall’illusione che la nascita del nuovo governo da sola possa mettere fine all’emergenza «che resta grave». Le istituzioni non funzionano, ha detto ancora impegnando la squadra dell’esecutivo ad avere un rapporto corretto con le Camere «perché negli ultimi dieci anni abbiamo vissuto un rapporto sempre più asimmetrico». Intanto tra i senatori democrats si fa notare una dissidente, che non sarà determinante per la fiducia, ma che con il suo no (uscirà dall’aula) conferma i mal di pancia del Pd nei confronti di un governo dove i compagni siedono gomito a gomito con gli avversari di sempre. «Non partecipo al voto perché fino a dieci giorni fa non si doveva fare l’accordo con il Pdl e improvvisamente è cambiata la linea politica senza che nessuno nel mio partito spiegasse il motivo», ha annunciato la senatrice Lucrezia Ricchiuti, alla prima legislatura. Insomma con il Cavaliere mai. «Sono stata per anni all’opposizione a Desio, definita la Locri del Nord per le infiltrazioni di ‘ndrangheta. Berlusconi ha tenuto per anni in casa il boss Mangano, posso pensare che un accordo con il Pdl possa fare qualcosa contro la mafia?».