L’handicap della sinistra di Bersani è il “montismo”: provi a liberarsene una volta per tutte
Non è solo un problema di numeri e di leadership. La sinistra di Bersani non decolla perché è affetta da montismo mascherato e non è un caso se, in campagna elettorale, per un bel po’ abbia strizzato l’occhio al tecnopremier. L’appoggio al governo tecnico non fu solo strategico ma anche contenutistico: a conti fatti, la ricetta era e rimane la stessa, quella legata alla parolina magica: sacrifici. La riprova è François Hollande – l’uomo nuovo idolatrato a lungo dal Pd – che, al minimo della popolarità nei sondaggi, ha ripetuto l’appello ai connazionali: «Ogni francese deve dare il suo contributo alla Repubblica in modo esemplare». E precedentemente, nel varare la sua stangata, aveva parlato di «sangue, sudore e lacrime» laddove i provvedimenti di Monti erano stati etichettati come «lacrime e sangue». La differenza fra i due è nel «sudore», che i tecnici – almeno a parole – non ci hanno chiesto. Ma Monti, come Hollande ai francesi, ha più volte chiesto agli italiani sacrifici «per salvare il Paese». Di diverso, tra la sinistra e il professore bocconiano, dovrebbe esserci il rapporto con le banche e qui casca l’asino. In un editoriale, Mario Sechi (saltato poi incredibilmente sulla sponda montiana) si chiedeva perché il governo tecnico che imponeva la super-Imu ai pensionati «che affittano la casa per pagarsi l’ospizio» risparmiasse invece sulle fondazioni bancarie. Un’accusa esplicita di favorire le banche. L’economista francese François Morin invece, nel libro Un mondo senza Wall Street, si è scagliato contro le banche «che si arricchiscono con la speculazione» rilanciando l’idea di una moneta internazionale. E Hollande sulle banche ha un’idea molto simile a quella di Morin. Ci si aspetterebbe un’analoga linea anche nella sinistra italiana. Che però con le banche ha legami molto stretti (e non solo per la vicenda Mps). Rispunta quindi il montismo della sinistra. E si spiega perché Bersani è alla frutta.