A volte tornano. Rispunta Bettini, che vanta il copyright su Marino e corteggia Vendola e comunisti

28 Mag 2013 14:06 - di Gloria Sabatini

«Marino è un irregolare, libero, è la sua forza. Non è stato percepito come uno schieramento ma come civico: è la sua carta vincente». Firmato Goffredo Bettini. Le parole vergate sul Corriere sono il copyright e il bollino di qualità del plenipotenziario della sinistra nella capitale, anche se lui ha sempre negato questo ruolo («è una menzogna», ha detto in un’intervista recente). Lo sfidante di Alemanno, sfornato dalle urne delle primarie del Pd, in effetti ha giocato tutta la sua campagna elettorale “in proprio”,  da “guascone” (è la definizione di Bettini). Straniero alla città, con lo zainetto sempre in spalla e la faccia di uno che sembra passare di lì per caso, il medico che strizza l’occhio a Vendola in realta è una creatura costruita a tavolino da Goffredo. Che infatti oggi rivendica «l’alleanza virtuosa con Sel». Rimasto come da tradizione dietro le quinte, oggi che le quotazioni di Ignazio sono alte, si prende le sue soddisfazioni. «Goffrey si riprende il centro della scena. Marino è figura inclusiva, ma se fosse andata, ne avrebbe chiesto contro il Pd», scrive oggi Dagospia. È stato Bettini, il padre del “modello Roma”, politico intelligente e raffinato che ha al suo attivo la costruzione del successo del centrosinistra dal 1993 al 2008 (dalla prima legislatura Rutelli alla seconda di Veltroni), a tirare fuori dal cilindro il nome di Marino, poco soddisfatto dei candidati sul tappeto, Sassoli e Gentiloni, dopo il dirottamento di Zingaretti alla Pisana. Bettini, sempre defilato e sempre decisivo, ha persino fatto il suo nome – un’autocandidatura che non è nel suo stile – trovando il silenzio assordante della dirigenza democratica. E ancora, pur di allargare la rosa degli sfidanti contro Alemanno, aveva buttato lì anche l’ipotesi di Bianca Berlinguer o Fabrizio Barca. Alla fine ha vinto il “suo” cavallo. Reggente occulto del potere rosso sulla città? Ma quando mai. «È una menzogna, chi lo dice non distingue tra “potere” politico e “influenza” morale e politica!». Sfido a dimostrare – disse Bettini in un’intervista– che abbia mai fatto una telefonata dal ’98 per occuparmi di questioni urbanistiche. «Se poi alla mia festa per i miei 60 anni ho invitato Caltagirone, Toti e Parnasi (costruttori e imprenditori pesanti in città,)… questo non significa niente. Sono personalità che hanno avuto e hanno un rapporto politico con la città…». Insomma guai a dargli del burattinaio.Anche con Alfio Marchini, che sarà l’ago della bilancia del ballottaggio, utilizza parole distillate con sapienza, che non suonino come un corteggiamento né una prova di feeling già consumato. «Non mi permetto di forzare una sua dichiarazione di voto che deve maturare, se maturerà, in modo del tutto autonomo».

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