Berlusconi condannato: un siluro alle larghe intese ma il Pdl non cade nella trappola. Forcaioli e grillini in festa
Quando la notizia della condanna del Cavaliere per il processo Mediaset è trapelata, prevedibile, quasi scontata, qualcuno a Palazzo Chigi ha tremato. Non Silvio Berlusconi, che al massimo si sarà arrabbiato, ma Enrico Letta, al quale con straordinario tempismo i magistrati milanesi hanno piazzato una mina sotto la poltrona. Non a caso i primi commenti del web sono stati univoci, tra gridolini di gioia della sinistra anti-berlusconiana e speranze nascenti di chi è uscito sconfitto dalle urne: “il governo delle larghe intese è finito”, è stato il tono dei messaggi piovuti a raffica nella rete in pochi minuti. In realtà, in tanti, tra sinistra e grillini, forse resteranno delusi: il governo non cadrà, almeno non per questa sentenza, la spallata a Berlusconi per via giudiziaria può attendere. Lo ha lasciato capire subito il centrodestra, pur denunciando la solita persecuzione giudiziaria del Cavaliere, che non sembra intenzionato a cadere nella trappola del collegamento tra una sentenza, che considera comunque “politica”, e il percorso di un esecutivo che vuol vivere di obiettivi concreti e non di manovre di retroguardia. «Non credo che ci sia una correlazione tra questa sentenza e la stabilità politica», s’è così affrettato a chiarire il legale di Berlusconi, Nicolò Ghedini, al quale non è sfuggita la valenza politico-giudiziaria di questa sentenza.
I giudici della Corte di Appello di Milano di fatto hanno confermato un precedente impianto accusatorio, con la condanna a 4 anni di reclusione, di cui tre coperti da indulto, per Berlusconi, accusato di frode fiscale nell’ambito del processo sulla compravendita dei diritti tv Mediaset, imputato di frode fiscale per 7,3 milioni di imposta evasa al netto degli anni coperti da prescrizione. Con lui condannati gli allora manager di Mediaset Daniele Lorenzano (3 anni e 8 mesi) e Gabriella Galetto (1 anno e 2 mesi) e il produttore statunitense, considerato suo “socio occulto”, Frank Agrama (3 anni). In più l’ex presidente del Consiglio si è visto confermare l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici e, tra l’altro, per 3 dagli uffici direttivi delle imprese, una pena accessoria che scatterà casomai la sentenza dovesse diventare definitiva. Il che significherebbe l’esclusione dalla vita politica, tanto per intenderci: la spallata giudiziaria.
«La forza della prevenzione è andata al di là della forza dei fatti», ha spiegato l’avvocato Ghedini, che non si nasconde dietro a un dito: «Avevamo la consapevolezza che sarebbe andata così». Sul fronte politico, il Pdl è univoco nellanalisi: «Continua la persecuzione giudiziaria nei confronti del presidente Berlusconi, leader politico che ha il consenso di dieci milioni di elettori. Evidentemente, per una certa magistratura la stagione della pacificazione è ancora lontana, e forse non arriverà mai. Soprattutto quando si nega con tanta ostinazione la verità dei fatti e ancor di più il buon senso», dice il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani. «Una sentenza surreale, di evasione fiscale, per un contribuente recordman», aggiunge Daniele Capezzone, mentre per Altero Matteoli “con questa sentenza la magistratura milanese ha toccato il punto più basso”.
Ovvio la sinistra e i grillini, e tutti coloro che lottano contro il governo Letta, abbiamo festeggiato una delle poche “buone” notizie degli ultimi tempi. Un lungo e forte applauso dell’assemblea di senatori e deputati del M5s ha accolto la comunicazione data i gruppi parlamentari di “5 Stelle” che stavano ascoltando l’intervento di Stefano Rodotà: «C’è chi vuole impedire la pacificazione. Che ci volete fare?”, ha ironizzato Rodotà, che poco prima aveva criticato le minacce di “trasformare in Parlamento in un Vietnam nel caso di alcune sentenze”. Quel Vietnam parlamentare che fin dall’inizio è stato l’obiettivo prioritario proprio dei grillini.
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