Berlusconi: sulla Convenzione ho scherzato, non serve a niente. Meglio seguire l’articolo 138
La presidenza della Convenzione per le riforme era una boutade, il processo Mediaset (avviato alla conclusione con la scelta dei giudici della Corte d’Appello di Milano di procedere «oltre» respingendo le richieste della difesa) si poggia sul niente. Silvio Berlusconi torna a ruggire dai microfoni di Mattino 5, il day after le polemiche per la scelta ancora in bilico di Nitto Palma alla guida della commissione Giustizia di Palazzo Madama, che ieri per due volte non ha ottenuto la maggioranza nelle votazioni sulla presidenza.
«Con una sentenza che mi vuole condannare a 4 anni di carcere con l’interdizione dai pubblici uffici si verifica un attacco ai miei diritti politici: dovremo dar vita prima o poi ad una inchiesta in Parlamento per verificare questa situazione e per porre fine ad un fenomeno come questo», è il primo contrattacco all’accanimento delle toghe e alla previsione che il processo si chiuda in queste ore cruciali per l’avvio del governo Letta. Il Cavaliere chiarisce una volta di più di non essersi «mai occupato dei bilanci di Mediaset né di bilanci di altro gruppo». Quanto allo strumento per dare vita alle riforme annunciato dal premier alle Camera, è «tutto tempo perso». Con una delle sue proverbiali piroette l’istrionico Berlusconi oggi azzoppa l’idea della Convenzione perché «non è prevista dalla nostra Costituzione, richiederebbe dei tempi di approvazione che non farebbero altro che allungare il percorso per il cambiamento». La proposta è quella di seguire invece le procedure dell’articolo 138 della Costituzione. Ammaccato per la sollevazione della sinistra all’ipotesi che l’avversario di sempre potesse stare al timone, dice: «Ho visto tutte le critiche mosse alla mia persona sull’ipotesi di una mia presidenza della Convenzione. Ma io l’ho buttata lì, era una battuta, scherzavo arrivando in Senato».
Della Convenzione ha parlato anche il ministro Quagliariello, ospite de La telefonata di Belpietro, innanzitutto respingendo i veti sui nomi a cominciare dal nome di Berlusconi. La Convenzione – afferma ancora – è uno strumento e serve a tre cose – aggiunge – «cercare di fare le riforme prima, metterle al riparo da tensioni quotidiane, portare questo clima fuori dal palazzo cercando l’appoggio di tutti. Non ho alcuna preclusione a prendere anche altre strade, ma bisogna finirla con le polemiche e dare ai cittadini la certezza che questa volta si fa sul serio».