È morto don Andrea Gallo: il prete di strada (e di salotto tv) che sognava una Chiesa “compagna”
Dal trans ex parlamentare Vladimir Luxuria al leader comunista Paolo Ferrero. Dai sindaci arancioni De Magistris e Pisapia al verde no-global Angelo Bonelli. Oggi gli atei (devoti e non) si trovano tutti accomunati nel cordoglio per la morte di don Andrea Gallo. Fondatore della Comunità di San Benedetto al porto, don Gallo amava definirsi un “prete di strada” . Genovese, aveva 84 anni ed era stato ordinato sacerdote nel 1959. La sua irrequietezza si manifesta appena cinque anni più tardi, quando don Andrea lascia la congregazione, chiedendo di essere incardinato nella diocesi genovese. Viene quindi nominato viceparroco alla chiesa del Carmine, nel centro storico di Genova, ma anche qui rimane poco tempo. Nel 1970 è allontanato dal cardinale Siri perché la sua predicazione allontana molti fedeli in quanto le sue omelie «non sono religiose ma politiche, non cristiane ma comuniste». Trova quindi una collocazione più stabile nel 1975 quando avvia l’attività della Comunità di San Benedetto al Porto, che ospita poveri e persone in difficoltà. Don Gallo adorava le telecamere e le interviste. Era il sacerdote più interpellato dal manifesto e dall‘Unità e veniva chiamato all’occorrenza per confutare l’ultima enciclica del Papa o il provvedimento legislativo che la Chiesa invece avrebbe approvato.
Di lui scrisse Avvenire nel novembre 2010, all’indomani di una comparsata da Fazio e Saviano che «era un prete vanitoso, pronto a fare da scendiletto» per una presenza tv. Sempre al fianco di vip e personaggi dello spettacolo (si vantava di essere stato amico di Fabrizio de Andrè) è stato scrittore e presentatore, cantante (ha preso parte all’ultimo disco dei Cisco, ex Modena City Ramblers), sostenitore delle nozze gay e paladino delle droghe leggere (nel 2006 fumò uno spinello in Comune a Genova). È stato anche prete, ma quello veniva molto dopo nelle interviste. Con lui di teologia era meglio non parlare se non per citare i vangeli apocrifi cantati dal suo amico De Andrè. Don Andrea è stato sessantottino nel ’68, no global ai tempi del G8 e No Tav ai tempi degli scontri in Val di Susa. Nell’ultimo tweet, alcuni giorni fa, aveva scritto: «Sogno una chiesa non separata dagli altri, che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale, compagna». Fieramente fazioso, in un’intervista al Fatto quotidiano alla vigilia delle elezioni aveva già dato per certa la vittoria del Pd e la sconfitta del centrodestra. «Quando la storia si ripete – aveva profetizzato il prete genovese – si trasforma quasi sempre in farsa, Silvio Berlusconi che ripete la campagna elettorale e non si accorge di essere divenuto un perdente». Era un prete di strada, non un profeta.