Femministe contro Barbie: il rosa puzza. Ma sarebbe peggio la bambola Femen…
Ha aperto da pochi giorni ed è già al centro delle polemiche. È la Dreamhouse, la casa di Barbie a grandezza naturale inaugurata il 16 maggio a Berlino (la prima casa del genere ha già debuttato in Florida). La Dreamhouse è itinerante e andrà anche in altri paesi europei disposti a ospitare i 2500 metri quadri dove i bambini sono abbagliati da un rosa spumeggiante, da un arredamento lezioso e da suppellettili caramellose. C’è troppo rosa, dunque. E le femministe nemiche della bambola più svampita e imitata del mondo hanno pensato bene di contestare la gigantesca operazione di marketing con lo slogan: “Il rosa puzza”. Puzza il rosa, secondo loro, e puzza anche Barbie. Troppo bella, troppo perfetta e troppo bionda è stata vituperata già in passato come modello di perfezione plastificata che ti conduce dritta dritta verso anoressia e/o chirurgia estetica. Esaurito questo argomento si passa a un altro: Barbie sarebbe troppo sexy, una proiezione giocattolo della donna-oggetto, colleziona troppi vestiti e le ragazzine giocando con lei pensano che il compito di una femmina sia solo quello di piacere, divertirsi, fare shopping e cambiarsi spesso d’abito. Ma il top degli argomenti contro Barbie è stato raggiunto dal gruppo ‘Pinkstinks’ la cui fondatrice spiega che Barbie veicola la cultura nazi. In pratica, è una bambola troppo “ariana”. Così a Berlino le femministe convenute all’appuntamento di Occupy Dreamhouse hanno bruciato la povera Barbie fonte di ogni nefandezza.
Tanto furore però appare del tutto ingiustificato: le femministe dovrebbero sapere che la Barbie non va più tanto di moda, soppiantata già anni fa dall’evoluzione diciamo trucida e più disinvolta del modello lanciato dalla Mattel 54 anni fa, cioè le bambole Bratz, a loro volta superate dalle bambole Winx, fatine tutto pepe con marchio italiano. Questo per dire che i modelli sono vari, le bambine possono scegliere e i genitori pure almeno finché non sarà prodotta la bambola modello Femen. Altamente sconsigliabile, anche per chi non ama il rosa. Questo colore, infine, andrebbe riabilitato: più che risultare come discriminante di genere, infatti, è il risultato dell’annacquamento del rosso, il colore dell’amore e della passione, il colore con cui ci si sposava nel Medioevo prima che il più rassicurante bianco giungesse a dominare le cerimonie nuziali.