Il problema non è lo spread ma la mancanza di lavoro. Bravo Vegas
Il presidente della Consob Giuseppe Vegas è molto diverso da come sembra. Schivo con le telecamere ma brillante nei colloqui personali, fin troppo equilibrato negli interventi istituzionali ma con le idee estremamente chiare su quello che deve fare. Prima dell’attuale incarico è stato parlamentare e ha avuto ruoli di governo nell’economia. Sa di cosa parla e probabilmente ha qualche idea anche su come si dovrebbero risolvere i problemi. Soprattutto ha ben chiaro che i problemi sono le malattie strutturali e non i sintomi. L’hanno detto un po’ tutti che il tormentone sullo spread è stato utilizzato e gonfiato in odo strumentale. Ma quando a dire che non era quello il vero problema erano Berlusconi e Brunetta o – peggio ancora – il Secolo d’Italia, si poteva sostenere che lo si facesse per affermare visioni di parte. Se lo dice il presidente della Consob è un altra cosa e lo dice comunque in un momento in cui – come speso accade nell’informazione e in politica – quello che era eretico sei mesi fa è diventato il detto da tutti. Mi piace ricordare sempre il caso dello scetticismo nei confronti delle ricette di Monti. Fino a tre mesi prima della fine della legislatura non si poteva dire che la riforma Fornero faceva schifo e che le misure di austerity di Monti avrebbero strangolato a morte l’economia italiana o che il Fiscal compact e l’Esm siglavano la rinuncia definitiva della sovranità nazionale a favore di non meglio definiti “comitati” europei. In campagna elettorale l’hanno poi detto tutti – eccetto quelli di Scelta cinica – e si sono tutti messi il cappello degli incendiari, mentre per un anno avevano votato pedissequamente ogni boiata che veniva portata in Parlamento. E quindi… Bravo Vegas, quando il Secolo tutti i giorni scriveva che il delirio per lo spread era dovuto o a superstiziosa ignoranza – nella maggior parte dei casi – o al voler giocare ignobilmente su tale ignoranza per seminare il terrore negli italiani e fargli accettare la “sospensione della democrazia” ci trattavano da pazzi visionari. Evviva i pazzi visionari allora. Soprattutto oggi che, persino il grigio Enrico Letta ha detto che ci vuole “visionaria follia” per affrontare i problemi dell’italia. Forse – citando Mussolini – intendeva “lucida follia”, perché di visioni allucinate ce ne ha già fornite Monti a sufficienza…