Imu, il Pdl cominci a cancellare quella che deprime il lavoro
Sull’Imu il Pdl deve aggiustare il tiro, pena l’inserimento d’ufficio delle pressioni in corso per ottenerne la cancellazione nel registro delle crociate ideologiche, cioè condotte al di fuori o addirittura contro le reali esigenze poste dal contesto. La sinistra, che resta sempre particolarmente abile nella scelta del terreno su cui procurar battaglia, sta già mobilitando tutto il proprio collaudato apparato mediatico per dimostrarlo. Il resto verra da sé e a quel punto non le sarà difficile presentare gli aut aut sull’abrogazione dell’odiosa tassa come l’ennesima conferma dell’inaffidabilità politica del Cavaliere, ancora troppo condizionato dai sondaggi e dalla tentazione di tornare alle urne per poter aspirare ad incarnare il ruolo di leale sostenitore del governo delle larghe intese.
È evidente che tutto questo ha ben poco a che vedere con l’Imu e molto invece ha a che fare con i venti di guerra che soffiano nel Pd dove la vittoria nella infuocata disputa interna arride sempre a chi esibirà il maggior tasso di antiberlusconismo. Ma poiché è vero quel che sosteneva De Gaulle e cioè che «la politica è la cucina dei partiti», il Pdl non può tirare diritto e far finta di niente. Potrebbe, ad esempio, spostare il tiro sull’altra Imu, quella che imprenditori, artigiani, liberi professionisti sborsano su capannoni, botteghe, uffici e studi per reclamarne almeno l’equiparazione alle aliquote pagate sulla prima casa e farne così una bandiera di liberazione fiscale non tanto in favore di chi negli immobili vi abita quanto a vantaggio di chi vi lavora. Proprio in queste ore Confindustria ha ribadito che la vera emergenza è l’occupazione e che la priorità assoluta consiste nell’alleviare i costi del lavoro mentre la Cna, una delle confederazioni artigiane, stima addirittura in 200 punti percentuali di incremento a carico delle microaziende il passaggio dall’Ici all’Imu in alcune zone. È questo il vero grido di dolore che sale dal Paese e che una forza come il Pdl non può ignorare se non altro perché questa specifica versione dell’Imu non è per niente dissimile – quanto ad effetti depressivi sull’economia – dall’Irap. Due balzelli particolarmente iniqui e perniciosi che marciano divisi ma che colpiscono uniti le attività produttive, il lavoro, il prodotto finito e, infine, la competitività stessa dell’impresa.
Sappiamo bene che Berlusconi tirò fuori dal cilindro la cancellazione e la restituzione della tassa sulla prima casa per legittima cassetta elettorale. Troppo impietosi risultavano i sondaggi della vigilia nell’annunciare le proporzioni della disfatta nella sfida contro la sinistra perché un leader così abile nel captare gli umori annidati nella pancia del Paese come Berlusconi non la ingaggiasse a colpi di messaggi semplici, diretti e di larghissimo impatto popolare. E il risultato si è visto, eccome. Alla fine solo un pugno di voti gli ha negato il miracolo di una rimonta disperata. Ora però che la campagna elettorale è alle spalle, sbaglierebbe a restarne prigioniero visto che comunque le elezioni non le ha vinte e che del governo è solo un partner, determinante finché si vuole, ma non il dominus.
Tanto più se si considera che il boom di Grillo in alcune zone del Nord, specie nel Veneto, si spiega con lo sfondamento dei Cinquestelle nel popolo delle partite Iva, un tempo pascolo elettorale pressoché esclusivo di Lega e Pdl. Dimostrare oggi che le esigenze di artigiani, imprenditori, operai, in una parola dei produttori non si difendono con il carnevale permanente a base di dirette streaming, di polemiche on line e di promesse di trasparenza sugli emolumenti parlamentari solennemente annunciate e precipitosamente rinculate, ma attraverso la coraggiosa assunzione delle responsabilità e una coerente politica dei fatti, è quasi un imperativo categorico. E, del resto, è anche il modo più redditizio dal punto di vista del consenso che il Pdl ha per sbugiardare chi lo accusa di considerare la politica come un’eterna campagna elettorale.