L’ineleggibilità diventa un boomerang per il Pd. Epifani: gli avversari si combattono con la politica
«Ogni avversario va battuto politicamente». Anche Guglielmo Epifani si sottrae alla crociata grillina per l’ineleggibilità di Berlusconi. Comunque, aggiunge intervistato da la Stampa, «sentirò i pareri dei membri della giunta». Sulla questione riaperta da un intervento di Paolo Becchi sul blog di Grillo il partito di via del Nazareno è a dir poco imbarazzato, quando non diviso. Per alcuni sarebbe un boomerang (come sostiene Veltroni) per altri un errore tecnico-politico, per altri un segno di debolezza e incoerenza. Nessuno si azzarda a difendere il Cavaliere come ha fatto Mario Monti («Una sua esclusione renderebbe l’Italia ridicola: il Cavaliere è stato tre volte il presidente del Consiglio»), ma anche i più sinceri antiberlusconiani, come Rosy Bindi, si rendono conto che il terreno è scivoloso e la demagogia non paga. «Il problema si pone – dice la Bindi – e ogni fatto che ci rimette davanti alla contraddizione di Berlusconi rende più difficile e complicato tutto». Il problema, però, è che in passato il Pd ha votato contro l’ineleggibilità e un po’ di coerenza – si ragiona nel partito – non guasterebbe. «Per tre o quattro volte, nelle passate legislature, il centrosinistra ha votato in un certo modo. Se non ci sono fatti nuovi non vedo perché dovremmo cambiare questa scelta», ha detto giorni fa Luciano Violante. «Una cosa è l’ineleggibilità di cui si parla a proposito di Mediaset – spiega l’ex presidente della Camera – altra cosa sarebbe una eventuale condanna della Cassazione.»
Ma in questo caso non serve una leggina ad hoc né il furore Cinquestelle per “ottenere giustizia” e far rotolare la testa del Cavaliere, perché la condanna comporta in automatico l’interdizione dai pubblici uffici. Il nervosismo è palpabile. L’ex magistrato Felice Casson, senatore democrat e componente della Giunta per le elezioni, replica dicendo che ci sarebbero fatti nuovi che vanno valutati bene. «Andatevi a leggere le motivazioni della Corte», dice aumentando la suspense. Ci sarebbe – la fonte è Repubblica – un auto giudiziario che certifica che Berlusconi, pur fuori dalle aziende, continuerebbe a guidarle. «Potrebbe essere la chiave di volta», spiega il senatore che sta lavorando alacremente a una proposta di legge per cambiare i termini della prescrizione. Per il pd Massimo Mucchetti l’ineleggibilità dell’ex premier è roba superata, non si può fare riferimento a un testo del ’57 «quando le tv private non c’erano e l’Iri gestiva Rai e Sip». Molto concreto Veltroni che, fuori dalle aule parlamentari, può permettersi di dire: «La questione giuridica è affidata alle valutazioni dei senatori, sul piano politico non so se sia la cosa migliore in questo momento». Fare fuori Berlusconi “per legge” farebbe cadere il governo e andare al voto. E offrirebbe l’occasione al Cavaliere di un plebiscito nel nome della libertà.