Maroni frena sulle accuse alla Kyenge dopo l’eccidio di Milano, ma avverte: «Sullo ius soli il governo rischia»
Sicuramente la tempistica è stata inquietante: a ridosso delle dichiarazioni del ministro all’integrazione Cècile Kyenge sull’opportunità di portare in parlamento l’abolizione della legge Bossi-Fini e l’approvazione dello ius soli, Mada “Adam” Kabobo, trentunenne ghanese irregolare e con una sfilza di precedenti penali a suo carico, all’alba di sabato metteva in atto il suo folle piano omicida per le strade di Milano semisederte. Armato di spranga e piccone, l’immigrato clandestino infieriva contro chi gli capitava a tiro, nell’assoluto silenzio cittadino: due ore e mezza di carneficina e nessuna telefonata ai carabinieri. Il triste bilancio di quell’atto insensato è di un morto e due feriti gravi, di cui uno in condizioni gravissime in rianimazione neurologica all’ospedale di Niguarda, a cui si aggiungono due altri passanti dimessi nelle ore successive al folle gesto. Era inevitabile che la vicenda riaccendesse lo scontro politico sul tema caldo dell’immigrazione, riportato dal neoministro Kyenge sotto i riflettori dell’attenzione pubblica all’indomani del suo insediamento: tra i primi a intervenire in merito, il segretario della Lega Lombarda Matteo Salvini che, a poche ore dalla strage, interveniva bollando con il marchio del “cattivo segnale” eventuali aperture parlamentari sul tema. A stretto giro, quindi, la Lega Nord nel suo insieme correggeva il tiro, rimettendo in agenda sul tavolo del governo l’offensiva sull’immigrazione, con la richiesta al ministro dell’Interno Angelino Alfano di prendere le distanze dalle politiche annunciate dal ministro dell’integrazione sul riconoscimento dello ius soli e sull’abolizione del reato di clandestinità, oltre bloccare i nuovi arrivi con azioni preventive, sulla scorta di quanto fatto da Roberto Maroni quando era titolare del Viminale.
E proprio il governatore della Lombardia nelle ultime ore, in un’intervista rilasciata a Repubblica ha ulteriormente chiarito le posizioni in campo: «Io non faccio alcun collegamento tra le proposte della ministra Kyenge e l’incredibile episodio di Milano: quell’immigrato è un pazzo», aggiungendo però che «l’immigrazione è un tema che chi ha responsabilità di governo dovrebbe maneggiare con cura», perché «quando si fanno certe affermazioni è inevitabile che ci siano conseguenze». Quali? «Sarà un caso – ha sottolineato Maroni – ma sono ripresi gli sbarchi a Lampedusa. Arrivano dalla Tunisia con i gommoni: se vengono da lì sono clandestini, non profughi come potrebbero essere i libici». Dopo le parole del ministro dell’Integrazione sul reato di clandestinità e sullo ius soli, è il ragionamento del leader della Lega, «le organizzazioni che prosperano sul traffico degli immigrati hanno capito che potevano riprendere le loro attività criminali». O meglio: le proposte del ministro Kyenge, ha articolato il ragionamento Maroni intervistato anche da La telefonata di Maurizio Belpietro sulle reazioni al caso di Mada Kabobo, «non è che favoriscono questi atti di follia omicida, ma hanno un’influenza negativa sui fenomeni di immigrazione».
Il dibattito, temporaneamente archiviato nei meandri del montismo, è stato prepotentemente riacceso dall’efferatezza dell’episodio di sabato scorso anche se, allerta il governatore Maroni, «in Parlamento non c’è una maggioranza su questa proposta: il governo potrebbe saltare».