Se corresse oggi Hollande non arriverebbe nemmeno al ballottaggio….
«Il cambiamento è adesso»? Un anno dopo, la Francia vacilla: quando uno dei suoi miti assoluti è messo in discussione, non c’è Unione europea che tenga. Le allarmanti notizie sul foie gras, il patè di fegato d’oca francese, che sarebbe l’ingrediente di un ennesimo scandalo alimentare a base di anatre malnutrite e imbottite di antibiotici, non hanno certo giovato all’umore del presidente François Hollande, che nelle ore precedenti aveva anche appreso che Carla Bruni non avrebbe divorziato da Sarkò. Insomma, la sera del 6 maggio 2012, in una piazza della Bastiglia gremita di gente festante, Hollande rivendicava la sua storica vittoria alle presidenziali francesi, diventando il secondo socialista della storia, dopo Mitterrand, a riuscire a conquistare l’Eliseo. Un anno dopo, di quel clima di festa resta ben poco. Sì, perché se corresse oggi per l’Eliseo non arriverebbe neppure al ballottaggio: un primo anno peggiore di questo, l’ottimista Hollande non lo avrebbe mai immaginato. Il bilancio è talmente fallimentare che anche i media che lo hanno apertamente sostenuto, a cominciare da Le Monde, parlando di una anno “terribile” e illustrano tutte le scommesse perse di Hollande. La dèbacle è tutta nelle cifre. I sondaggi più ottimistici lo danno, a 12 mesi dall’inizio del mandato, con una popolarità del 25%, un francese su 4, che il record negativo storico. Nicolas Sarkozy, in questo stesso periodo, era ancora in piena luna di miele con l’elettorato, oltre che con Carla Bruni che aveva appena sposato, e godeva del 40%. Per divorarsi metà dei consensi iniziali (53%), non è ovviamente bastata soltanto l’imperizia del protagonista. Killer di popolarità è stata l’assoluta mancanza di risultati di fronte alla crisi economica, alla disoccupazione che ogni mese aumenta, al potere d’acquisto dei francesi calato a picco. La sua supertassa sui ricchi – bocciata dalla Corte costituzionale – ha alienato al presidente le simpatie di alcuni Vip potenti (Bernard Arnault e Gerard Depardieu in testa), senza fargli guadagnare popolarità. L’operazione di riorientamento dell’Europa, meno rigore e più crescita, strombazzata per mesi e proclamata fin dal primo giorno di presidenza con il viaggio a Berlino, non se la ricorda più nessuno: la Francia, infatti, sta tristemente percorrendo il suo secondo anno consecutivo di crescita zero ed è stata costretta a rinegoziare con Bruxelles i tempi di rientro dal deficit. Sulla crociata antidisoccupazione, Hollande continua – ormai isolato – a ripetere che entro dicembre 2013 la curva dell’ emorragia di posti di lavoro si invertirà. Ma per i più ottimisti, non se ne parla almeno fino alla fine del 2014. Le annunciate e auspicate misure salva-industria sono arrivate – in parte – soltanto ieri, quando già gli altiforni delle acciaierie Florange, simbolo della Francia che affonda, sono stati spenti. Il carattere “riunificatore e pacificatore”, in opposizione alle spaccature provocate dall’aggressività di Sarkozy, non si è visto. Una delle rare promesse mantenute, la legge sulle nozze gay, ha invece per davvero diviso in due la Francia e la battaglia non è ancora terminata. Maggio, il suo secondo maggio all’Eliseo, non promette però niente di buono: già il primo maggio sindacati e Fronte nazionale sono scesi in piazza, domani saranno i suoi ex alleati di Melenchon a occupare metà della capitale, mentre l’altra metà sarà invasa dagli oppositori alle nozze gay, che intendono replicare, con una sfilata che annunciano memorabile, il 26 maggio. Al ritorno dalle vacanze, poi, ci saranno da varare riforme dure e indigeste per far quadrare i conti, in particolare quella delle pensioni. I francesi dovranno lavorare più a lungo e le loro pensioni saranno tassate di più, ma convincerli – ricordando premesse e promesse di un anno fa – sarà impresa ardua. Hollande è bersagliato da critiche da ogni lato dell’arco parlamentare, oltre che dai sindacati e dalle alte istanze della Chiesa cattolica, e ha visto la sua popolarità scendere inesorabilmente. Senza dimenticare la lunga serie di manifestazioni, cortei e proteste simboliche che hanno punteggiato l’inverno e la primavera a Parigi e nelle principali città d’Oltralpe: dipendenti di stabilimenti a rischio chiusura, come la fabbrica di Psa Peugeot Citroen di Aulnay o l’acciaieria di Florange, in Lorena, maestri delle elementari in sciopero contro le riforme degli orari scolastici, e soprattutto i già citati oppositori alla legge sul matrimonio omosessuale.