Sondaggi: il centrodestra stacca tutti. E nel Pd emerge la corrente della “vendetta”: niente sconti sull’Imu
Sondaggi, maledetti sondaggi, incubo perenne del centrosinistra. Avevano sperato in un’inversione di rotta, dopo la domanda-trappola con cui hanno tentato di prendere in giro gli italiani, una sorta di bianco o nero, ti piacciono più le bionde o le brune: «Preferite non pagare l’Imu o avere più posti di lavoro?». Molti esponenti del Pd speravano di cogliere nel segno, buttando altro fumo negli occhi. Ma è difficile che ci sia ancora qualcuno disposto a farsi ipnotizzare dagli illusionisti. L’Istituto Ipr Marketing ha diffuso i dati dell’ultimo sondaggio. E sono numeri che turbano i sogni dei Bersani e delle Bindi. Nelle intenzioni di voto il centrodestra raggiunge il 34,5% ed è avanti di 6 punti rispetto al centrosinistra, con il Pdl che conquista stabilmente la posizione di primo partito, con il 27% dei voti (un aumento pari al 5,4%), seguito dal M5S con il 26,5% e il Pd che scivola al 22%. Per il centro di Monti è una vera catastrofe, dopo l’emorragia subìta con l’ultima consultazione elettorale oggi non raccoglierebbe più del 6,3 per cento dei voti, con l’Udc inchiodata all’1 e Scelta civica al 5 (la perdita secca è del 3,31%). Scenari del tutto cambiati rispetto a due mesi fa con il Pd in caduta libera, oggi con il 3,4% in meno. Se domani si svolgesse una consultazione elettorale, non ci sarebbe nessun dubbio su chi sarebbe il vincitore, senza neppure il bisogno di consultazioni in ginocchio coi grillini. Tutto questo nonostante il governo non abbia ancora messo mano alla riforma fiscale, tanto cara a Berlusconi, né all’abolizione dell’Imu su cui il Pdl durante la campagna elettorale si è giocato la faccia. I mal di pancia all’interno del Pd sulla questione Imu sono dovuti proprio ai sondaggi. Non sono le cifre di bilancio a creare problemi, ma il fatto che il Paese percepirebbe l’eliminazione dell’Imu come un successo del Cavaliere e ne trarrebbe le conseguenze in termini di consensi elettorali. Una cosa che né Bersani, né Renzi, né Letta si possono permettere. Anche a rischio di farsi sorprendere con le mani nella marmellata.