Sul voto della Capitale la strategia perversa dei sindacati “rossi”

27 Mag 2013 21:15 - di Francesco Signoretta

Chiamateli scherzi del destino, chiamatele coincidenze, ma c’è un dato di fatto. A quarantott’ore dalle elezioni a Roma è accaduto di tutto. E viene il sospetto che non sia proprio un caso. Lo sciopero di tram, autobus e metropolitane (con la fondamentale linea B chiusa) avvenuto alla vigilia del voto: città paralizzata dai sindacati di base – tutti di sinistra – con disagi incredibili per la gente, traffico impazzito, quasi impossibile raggiungere il posto di lavoro per decine di migliaia di persone. Una mossa da strateghi, perché l’intento (non dichiarato ma intuibile) era quello di dare l’idea di una metropoli malgestita, quasi soffocante. Nelle stesse ore, incredibilmente, a Roma sono spuntati i cumuli di immondizia, con i cassonetti stracolmi. «Ma che sta succedendo?», «Colpa di Alemanno», quando invece il motivo era ben altro, gestito anche in questo caso con una strategia politica molto furba. Sono spuntate proteste nelle scuole, guarda caso anche nelle strutture nuove di zecca, da poco inaugurate dal sindaco, con cartelli affissi all’ingresso. Una scusa qualsiasi e giù botte (contro il sindaco) proprio laddove si presumeva un aumento di voti del centrodestra. Il contrario di ciò che accadeva in passato quando, a ridosso delle elezioni, c’erano tagli di nastro anche per un piccola aiuola di un metro quadrato e magari le strade che per anni erano sporche venivano ripulite per rinfrescare l’immagine del sindaco uscente. Ma certi sindacati fanno un minestrone delle (legittime) istanze dei lavoratori con gli interessi del loro orticello politico. Gli autoferrotranvieri (o meglio, una parte di loro) hanno mantenuto una media di due scioperi al mese, hanno contestato l’apertura della nuova linea metropolitana, hanno messo in moto proteste al limite del sabotaggio, con i convogli della metro che ad ogni stazione facevano la siesta, gli autobus ammassati al capolinea per guasti inesistenti e boicottaggi di altro tipo. La scusa era il rinnovo del contratto in attesa da anni. Una vertenza giusta in altri momenti ma difficile in una stagione di crisi economica, con la gente che perde il posto di lavoro, gli impiegati pubblici a contratto bloccato e con il valore dei buoni pasto che si riduce, i lavoratori privati che da un giorno all’altro vedono le loro imprese fallire e l’occupazione che evapora. Potremmo dire che una buona fetta di lavoratori è stata tratta in inganno da chi doveva rappresentarli ed è stata inconsapevole strumento di lotta politica. Fatto sta che prima del voto è accaduto di tutto, dagli scioperi dei mezzi pubblici all’immondizia non raccolta. Sono solo coincidenze? Difficile crederci. A pensar male si fa peccato ma di solito ci si azzecca.

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