Vietato piangersi addosso, al ballottaggio riconquistiamo “er core de Roma”
E ora nessuno si pianga addosso. Si torna ai blocchi di partenza e il ballottaggio sarà un’altra storia: i candidati sono due – Alemanno e Marino – tertium non datur. Non conta il vantaggio acquisito, la storia delle passate elezioni comunali insegna che spesso ha perso anche chi aveva ottenuto il 49% dei consensi, sfiorando la vittoria al primo turno per una manciata di voti. Cambia tutto, cambia il criterio di scelta, cambia anche il parco elettori, a maggior ragione adesso che si è verificato un astensionismo massiccio. Non c’è più l’incidenza delle liste, il cugino candidato qua, il vicino di casa candidato là. Non c’è nemmeno il fattore-mugugno, il piccolo dispetto di chi voleva che fosse tolto il senso unico alla sua strada e quindi è rimasto deluso. C’è da scegliere tra due filosofie sul modo di amministrare la città, due modi di intendere la vivibilità, il rapporto con i campi nomadi, il trasporto pubblico e i servizi. Facile per Marino fare le pulci, trovare difetti nella gestione di una metropoli difficile da governare, perché è tra i più estesi agglomerati d’Europa, con quartieri vastissimi, ognuno dei quali grande come una o due città di medie dimensioni. Facile aprire il libro dei sogni, «io farei» o «io avrei fatto». Ora è il momento di uscire allo scoperto, anche per chi ha fatto la campagna elettorale nella comoda veste di oppositore. E qui Marino è destinato ad annaspare, inciampare, contraddirsi. Già il web è zeppo dei suoi errori e delle sue gaffe, non mancano vignette che ironizzano su di lui con la scritta “più campi nomadi per tutti” oppure “tutti gli anziani in bicicletta, anche a novant’anni”. Certo non bisogna sottovalutare il messaggio dato dagli elettori al primo turno e il clima di disaffezione. Ma ci sono quindici giorni per chiarire tutto. Quindici giorni per riconquistare il “cuore di Roma”. O meglio er core de Roma.