“AristoDem”, un libro di Daniela Ranieri mette sulla graticola i nuovi radical chic
Come si evolve il “rivoluzionario da salotto”, chi sono i nuovi radical chic? Prova a fotografare la metamorfosi la scrittrice Daniela Ranieri coniando nel suo nuovo pamphlet in libreria in questi giorni la formula aristodem (Ponte alle Grazie è la casa editrice) che sta per un po’ aristocratici e un po’ democratici. Uno sforzo lessicale apprezzabile visto che l’espressione radical-chic, lanciata nel 1970 dal giornalista americano Tom Wolfe, appare ormai assai logora e abusata. In pratica al centro del libro c’è sempre la stessa “sinistra antipatica” messa a fuoco da Luca Ricolfi ma un po’ meno militante e un po’ più filosofeggiante. Un’umanità che si sente d’élite ma che allo stesso tempo finge di disprezzare il denaro. Ciò che disprezza veramente è il popolo cui dovrebbe sentirsi vicina, se non avesse abbandonato l’ideologia per adeguarsi alle mode. Questi aristodem non vantano più la vicinanza alla “cultura alta” ma rivalutano quella “bassa” purché appaia genuina continuando a orientare i gusti tra Bauman e Ozpetek. Sono, più che i “cretini” di sinistra (ogni parte politica può vantarne una schiera) , i “viziati” ex di sinistra, un po’ malati di sconfittismo, ai quali non piace vincere perché la minoranza è più anticonformista e che ripiegano su identità abborracciate che si distillano a tavola, nei viaggi, nelle letture. Un ritratto, quello di Daniela Ranieri, che ruotando attorno agli iperbolici personaggi della cinquantenne Luciana, del compagno Glauco, della figlia Gaia e dei loro esilaranti compagni – Augusta, Lalla, Similaun, Froidiana… – seziona con crudele divertimento i loro moralismi in ritardo e i loro inspiegabili lassismi, i loro cliché e le loro velleitarie aspirazioni: le loro inutili contorsioni da pseudo-intellighenzia che si vorrebbe radicale e si rivela invece profondamente moderata, si vorrebbe vicina ai «nuovi proletari» ed è inconsapevole del proprio esclusivo privilegio.