“Avvenire” critica la Boldrini: su famiglia e adozioni non si possono generare confusioni

15 Giu 2013 17:02 - di Corrado Vitale

Ad Avvenire non sono sfuggite le parole che la presidente della Camera  Laura Boldrini ha pronunciato nel corso del Gay pride a Palermo a proposito delle adozioni. Molto attento alle sfumature (il diavolo, si sa, si annida nei dettagli), il quotidiano dei vescovi ha registrato un tono potenzialmente aperturista verso le adozioni gay nelle pur misurate ed equilibrate parole della terza carica dello Stato. Così aveva infatti dichiarato la Boldrini rispondendo alla domanda di un giornalista sul tema delle adozioni delle coppie omosessuali: «Non sta a me decidere i termini delle leggi. Penso si debba cominciare gradualmente. Ma la società italiana è più pronta e matura della politica».

Che voleva dire la presidente della Camera con quel «gradualmente»? Ad Avvenire è suonato un piccolo campanello dall’allarme. Ma il suo suono è stato un po’ attutito, in un corsivo dal titolo “Secondo noi” uscito senza firma, da una preliminare captatio benevolentiae. Nello scritto si approvano infatti le parole della  Boldrini sul modello di famiglia previsto dalla Costituzione. «Bene ha fatto la presidente della Camera – scrive il quotidiano dei vescovi –  a ribadire nella Palermo del Gay pride la centralità della famiglia naturale (e costituzionale) fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e aperta alla vita». Poi però arriva la stoccata:  «Se questa centralità non è solo un modo di dire, non si possono fare o anche solo auspicare confusioni. Il piano matrimoniale è esclusivo della famiglia. Evocare, per esempio, una gradualità nell’attribuzione del diritto all’adozione a persone che non vogliono (coppie di fatto) o non possono (coppie dello stesso sesso) sposarsi significa fare una grave confusione». Poi l’ammonimento conclusivo: «Sui figli, che comunque sono sempre figli di una donna e di un uomo  non si accampano diritti».

Piaccia o non piaccia, l’articolo 29 della Costituzione parla chiaro: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio». Tutto può essere certo oggetto di revisione sulla base dell’evoluzione storica e sociale. Ma è difficile forzare più di tanto l’interpretazione del precetto costituzionale. Ed è certo che a tale limite costituzionale si richiamerà sempre la Chiesa italiana. Anche perché pare davvero arduo immaginare che in Italia si possa mai formare una maggioranza così ampia da imporre un radicale mutamento di indirizzo legislativo su una questione tanto delicata.

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