Cartoline dall’orrore indiano: bambina di 11 anni bruciata viva per “punizione”
Punita per aver fatto la spia su un furto di melograni in un orto a Balinali, nello Stato orientale di Orissa, India. Si può morire bruciati vivi per questo, a 11 anni? Sì, è accaduto a una bambina. Le è stato dato fuoco da due donne, madri di due sue amiche che hanno voluto punirla per aver fatto la spia In base alle prime indagini, la bambina, Rinki Behera si era introdotta, insieme ad altre due amichette nella proprietà di un contadino per rubare alcuni melograni. Per motivi ancora da chiarire, la piccola ha poi rivelato l’identità delle complici al proprietario del frutteto che è subito andato a informare i genitori dell’accaduto. Invece di rimproverare le figlie per il gesto compiuto, le madri Moli e Sulochana si sono procurate una tanica di benzina e sono andate a casa di Rinki per compiere la mostruosità. Sfruttando il fatto che la bambina era sola, l’hanno immobilizzata cospargendola di benzina e appiccando il fuoco. Giunto sul posto, il nonno ha subito dato l’allarme. Trasportata in ospedale, Rinki è però morta per le gravi ustioni riportate su tutto il corpo.
L’India è sicuramente uno dei peggiori posti al mondo dove nascere donna: dieci milioni in vent’anni sono le bambine uccise tra infanticidi e aborti selettivi secondo uno studio dell’università di Toronto pubblicato appena l’autunno scorso. Ad aprile un’altra carneficina ha portato all’uccisione di nove donne innocenti, cadute nel circolo di follia di un malato di mente. L’episodio si è verificato nel villaggio di Behratoli, nello stato centrale di Chhattisgrarh: Paul Nagesia, 35 anni, dopo essere stato lasciato dalla moglie, ha riversato la sua ira sulle povere malcapitate, che ha ucciso a colpi d’ascia. Tra le vittime cinque bambine, dai due ai nove anni, e due donne di 25 e 60 anni. L’agghiacciante “rosario” ci porta a febbraio, quando tre sorelline di 6, 9 e 11 anni uscite per andare a cercare la madre di cui non avevano più notizie, sono state rapite, stuprate e infine assassinate e gettate in un pozzo nel distretto di Bhandara, una zona rurale nello Stato occidentale del Maharashtra. Infanticidi, femminicidi, comunque si vogliano definire questi cataloghi di orrori, denunciarli e lanciare allarmi sembra non bastare più. Ogni tanto di fronte all’indignazione popolare il governo indiano emana misure che riducono alcuni tipi di diagnosi prenatale per conoscere presto il sesso del nascituro, visto che un responso “rosa” equivale a una condanna a morte. Ma non basta e ha fatto scalpore circa un anno fa il rapporto dell’autorevole giornale Hindustan Times, che ha rivelato una pratica che definire sconcertante è dire poco: molte bambine sono costrette a cambiare sesso, una tendenza che si materializza negli ultimi tempi negli ospedali e cliniche di Indore, città dell’India centrale, nello stato del Madhya Pradesh, e di cui sono vittima bambine da 1 ai 5 anni. Secondo quanto riportato dal Mail Online, i genitori ricchi da Delhi e Mumbai si recano ad Indore, diventata la capitale degli interventi di genitoplastica. Il costo dell’intervento chirurgico per “correggere” le figlie è relativamente basso. Costa 2mila euro…