“Draghi d’Italia”: un libro di Augello sui mostri alati che presidiano tante località del Bel Paese

26 Giu 2013 10:44 - di Redattore 54

Dai draghi accucciati ai piedi dei santi trionfatori ai draghi di celluloide. Una guida ragionata alle leggende sui serpentoni alati d’Italia dalle icone nelle chiese a film come Avatar è il libro di Andrea Augello I draghi d’Italia (Gaffi editore). Il senatore del Pdl, già in An e ancora prima nel Msi, non è di quelli che firmano trattatelli politici. Si divaga con la storia e spesso con le leggende. Ha già scritto un libro sul Graal e uno sulla battaglia di Gela del 1943 (Uccidi gli italiani, Mursia), che fece uscire proprio nei giorni in cui An cedeva le bandiere al Cavaliere e si inabissava nel corpaccione pidiellino. Ora questo Draghi d’Italia, come ha fatto notare Franco Cardini che lo ha presentato qualche giorno fa a Roma, ci interroga su un archetipo – il dragone sputafiamme – che come tutti i simboli è polisemico. Il drago infatti non è tout court cattivo, caratteristica che gli proviene dall’elemento tellurico cui è legato, ma è anche pieno di saggezza, che in genere trasmette per insegnamento a colui che è destinato ad ucciderlo e a prenderne il posto. L’ammazza-draghi, insomma, uccide il serpente e porta avanti la sua iniziazione ma nello stesso tempo interiorizza alcune caratteristiche del mostro ucciso. Un motivo, questo, talmente profondo e universale che lo ritroviamo in tanti miti e racconti, dalla leggenda di Sigfrido alla saga di Harry Potter. Il drago partecipa poi anche dell’elemento dell’aria e del fuoco. Il drago, infine, fa parte dell’immaginario italiano molto di più di quanto si sia disposti a pensare ma è allo stesso tempo una figura dell’immaginario globale perché, come tutti i simboli, valica i limiti imposti da etnie e continenti.

Augello ha concepito il suo libro come una guida per viaggiatori a caccia di curiosità dotte e ancestrali, a metà tra folklore e agiografia, tra paganesimo e cristianesimo. Lì un affresco, qua un dente di drago conservato in una cripta, là ancora un San Giorgio che si confonde con un altro santo: si può costruire un itinerario “dragonesco” in Italia, attingere alle leggende che ne sono il fragile e recuperato tessuto, comprendere che il nostro non è solo il paese degli spaghetti e dei mandolini ma anche il luogo dove è rimasta sedimentata tanta cultura indoeuropea.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *