“Draghi d’Italia”: un libro di Augello sui mostri alati che presidiano tante località del Bel Paese
Dai draghi accucciati ai piedi dei santi trionfatori ai draghi di celluloide. Una guida ragionata alle leggende sui serpentoni alati d’Italia dalle icone nelle chiese a film come Avatar è il libro di Andrea Augello I draghi d’Italia (Gaffi editore). Il senatore del Pdl, già in An e ancora prima nel Msi, non è di quelli che firmano trattatelli politici. Si divaga con la storia e spesso con le leggende. Ha già scritto un libro sul Graal e uno sulla battaglia di Gela del 1943 (Uccidi gli italiani, Mursia), che fece uscire proprio nei giorni in cui An cedeva le bandiere al Cavaliere e si inabissava nel corpaccione pidiellino. Ora questo Draghi d’Italia, come ha fatto notare Franco Cardini che lo ha presentato qualche giorno fa a Roma, ci interroga su un archetipo – il dragone sputafiamme – che come tutti i simboli è polisemico. Il drago infatti non è tout court cattivo, caratteristica che gli proviene dall’elemento tellurico cui è legato, ma è anche pieno di saggezza, che in genere trasmette per insegnamento a colui che è destinato ad ucciderlo e a prenderne il posto. L’ammazza-draghi, insomma, uccide il serpente e porta avanti la sua iniziazione ma nello stesso tempo interiorizza alcune caratteristiche del mostro ucciso. Un motivo, questo, talmente profondo e universale che lo ritroviamo in tanti miti e racconti, dalla leggenda di Sigfrido alla saga di Harry Potter. Il drago partecipa poi anche dell’elemento dell’aria e del fuoco. Il drago, infine, fa parte dell’immaginario italiano molto di più di quanto si sia disposti a pensare ma è allo stesso tempo una figura dell’immaginario globale perché, come tutti i simboli, valica i limiti imposti da etnie e continenti.
Augello ha concepito il suo libro come una guida per viaggiatori a caccia di curiosità dotte e ancestrali, a metà tra folklore e agiografia, tra paganesimo e cristianesimo. Lì un affresco, qua un dente di drago conservato in una cripta, là ancora un San Giorgio che si confonde con un altro santo: si può costruire un itinerario “dragonesco” in Italia, attingere alle leggende che ne sono il fragile e recuperato tessuto, comprendere che il nostro non è solo il paese degli spaghetti e dei mandolini ma anche il luogo dove è rimasta sedimentata tanta cultura indoeuropea.