Grillo è l’uomo delle mezze verità. Specie quando non ammette che anche gli “psiconani” hanno ragione

1 Giu 2013 21:30 - di Girolamo Fragalà

Alcune verità in un mare di minacce politiche. Chiuso nel personaggio che si è costruito a tavolino per prendere voti – un personaggio a metà tra il leader di partito e l’uomo di spettacolo – Grillo è costretto a recitare la parte dell’uno contro tutti, un po’ come nelle famose edizioni speciali del Costanzo show, ma per la prima volta sta offrendo alcune tracce di lettura, a partire dal caso Rodotà: «Io non ce l’ho con Rodotà», ha affermato, «ma è lui che vuole fare una sinistra con i rossi, gli arancioni… Noi abbiamo la nostra natura, siamo sopra. Se mi avesse chiamato, glielo avrei spiegato, invece ha detto tutto al Corriere della Sera». Questo è innegabile. Che Rodotà avesse quella collocazione e quell’obiettivo, però, è arcinoto da tempo immemorabile, eppure è stato proprio il leader dei Cinquestelle a condurre la battaglia per farlo eleggere presidente della Repubblica. Perché? Qui casca l’asino. Grillo ribalta la domanda («perché la sinistra non l’ha fatto eleggere?). dandosi una risposta di comodo («perché avrebbe fermato Berlusconi»). Facile. troppo facile, per venir fuori dall’imbarazzo prende la scorciatoia dell’antiberlusconismo. C’è poi un’altra verità: «Bersani non voleva governare con il Movimento 5 Stelle, non ci ha detto governiamo insieme. Lui voleva i nostri senatori per avere il numero per governare lui senza di noi». Anche questo si era capito sin dall’inizio delle consultazioni, tant’è che i maggiori quotidiani si spinsero oltre, cominciando il gioco del toto-nomi, le scommesse sui senatori in procinto di passare sulla sponda del Pd. In quei giorni, però, a essere contraddittorio fu proprio il comportamento di Grillo, col suo tira-e-molla, le sceneggiate e lo streaming. Un comportamento che indebolì Bersani, ma che nello stesso tempo finì per ridicolizzare gli esponenti dei Cinquestelle, diventati tutto d’un colpo oggetto delle ironie di quel web che era stato la loro fortuna. Poi è arrivata un’altra verità mista alle minacce, stavolta sull’informazione televisiva:  «Non ce l’ho con i giornalisti, ma io non dimentico niente» e un giorno «gli faremo un c… così», ha detto Grillo, aggiungendo: «Faremo i conti con i Floris e i Ballarò, ma anche con i Rodotà e la Gabanelli, quelli che ci si sono rivoltati contro». Premesso che anche la Gabanelli era tra le preferenze grilline per la presidenza della Repubblica, resta il fatto che per anni il centrodestra ha sollevato il problema della faziosità di parecchi programmi del servizio pubblico. Ma in quegli anni Grillo non ne parlava, intento com’era a pronunciare ossessivamente la parola «psiconano». E non ha detto nulla nemmeno quando la Gabanelli ha dedicato una puntata-killer a Roma, sparando su Alemanno in piena campagna elettorale. Sì, perché l’ex comico – tirate le somme – è l’uomo delle mezze verità. Specie quando si rende conto che anche gli «psiconani» possono aver ragione.

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