Il rifiuto del voto certifica l’implosione del sistema
Il sistema politico è imploso. Se non bastassero le contraddizioni quotidiane che in esso si manifestano, lo certifica la più massiccia astensione della storia repubblicana che nelle due ultime tornate elettorali ha evidenziato sfiducia sospetta, ma non provata, dell’elettorato verso la classe politica e, in definitiva, per la cosa pubblica così come viene rappresentata.
Quindici giorni fa credevamo che si fosse toccato il livello più basso: ieri, alle 22, soltanto il 33,87% degli aventi diritto si era recato alle urne, quasi nove punti in meno rispetto al primo turno (42,38%). A Roma è andata addirittura peggio: ha votato il 32,3% dell’elettorato contro il 37,69% di due domeniche fa. Ciò vuol dire che, chiunque vinca, la Capitale verrà governata da un sindaco eletto da meno della metà degli elettori. Un dato che non ha bisogno di spiegazioni. È un dramma politico che si consuma a beneficio dell’unico partito che in questo momento svetta: quello degli astensionisti.
E’ facile dire che chi non esercita il proprio diritto/dovere al voto in democrazia ha sempre torto. Ma se appena si focalizzano le ragioni del rifiuto, balza evidente agli occhi che l’atteggiamento è ampiamento motivato dalla semplice constatazione che la politica non è più in grado da tempo di dare risposte. E allora, si conclude, meglio far sentire il peso della protesta nel solo modo in cui la si può intendere: sfiduciando in toto la classe politica.
Del resto se questa chiama al capezzale della Repubblica un manipolo di “tecnici” perché non ce le fa ad affrontare la crisi, se si “costringe” a rieleggere (prima volta nella storia) lo stesso presidente della Repubblica perché non riesce a trovarne un’altro, se per poter dare un governo purché sia alla nazione deve mettere insieme destra e sinistra, opposti che si sono ferocemente combattuti negli ultimi vent’anni, non ci si venga a dire che si è difronte a segni di “vitalità”. Sono sintomi eloquenti di abbandono irresponsabile da parte di forze politiche che nell’incapacità di riformarsi hanno di fatto tradito l’elettorato al quale manifestano, adesso che i “nodi” sono venuti al pettine, tutta la loro inedeguatezza. E si prendono il voltafaccia di chi pure vorrebbe partecipare, ma se ne sta rabbioso chiuso in casa piuttosto che avallare pessime amministrazioni o continuare a sperare in una resipiscenza delle stesse, mentre a livello politico generale non vede molta differenza tra le parti posto che, appunto, si sono unite al fine di non soccombere definitivamente.
La notte della Repubblica è profonda. Ed il lumicino della democrazia si va spegnendo con il passare del tempo. Chi immaginava che un Grillo qualsiasi potesse rivitalizzarla (quale orribile abbaglio!) è servito. Non ci sono scorciatoie per rivitalizzare un sistema defunto. Se la classe politica è consapevole di quanto sta avvenendo nel Paese, prenda il toro per le corna e riformi il sistema, ma senza prendersi in giro per poi prendere in giro gli italiani. Non abbiamo bisogno di Comitati, Commissioni, Saggi. C’è un Parlamento (per quanto di discutibile qualità, vista la sua fonte di nomina e il non eccelso valore di tutti i suoi componenti) che potrebbe lavorare se fosse messo in grado di farlo. Ma non può farlo: questo è il problema. Ed è spiegabile: come si fanno a conciliare le posizioni del Pdl e del Pd, tralasciando gli altri soggetti minori, sulla legge elettorale, la forma di governo e di Stato, la politica economica e sociale, la rivisitazione dei tre poteri costitizionali?
E ancora. C’è qualcuno disposto a dire con chiarezza che l’Italia sta sprofondando nel baratro dell’immoralità pubblica e privata, dell’irrilevanza culturale, della indifferenza civile? Guardiamole le nostre città e non facciamo finta che per un marciapiede rappezzato si debba necessariamente gridare al miracolo. Guardiamole le nostre periferie che non diversamente dai centri storici più nobili danno un senso di degrado difficilmente riscontrabile altrove, nel resto dell’Europa. Guardiamo alle nostre istituzioni rappresentative e diciamocelo francamente se meritano il rispetto dovuto da parte dei cittadini. Guardiamo al disagio di generazioni che probabilmente non avranno mai un posto di lavoro e alla diperazione delle loro famiglie di fronte alla prospettiva che i figli si lascino risucchiare dall’inedia, dall’abbandono o, nella migliore delle ipotesi, inseguano il miraggio della dall’Italia.
C’è tanto che spiega il rifiuto della politica. E sbaglierebbe chi, per miopia o ferito orgoglio, si scagliasse contro coloro che hanno deciso di non votare neppure questa volta. Prendano atto, piuttosto, che il sistema è fallito ed uno di ricambio da mettere in piedi subito non ce l’abbiamo. La notte delle Repubblica, temiamo, sarà ancora lunga.