La crisi non aspetta: se non creiamo sviluppo i posti di lavoro saranno sempre una chimera
Tra il dire e il fare c’è di mezzo un oceano. È vero, il governo ha varato un decreto per semplificare alcuni aspetti del nostro sistema, liberandolo di inutile zavorre, e si appresta a riformare il lavoro, per il quale attendiamo una convocazione a Palazzo Chigi. Spesso però l’azione dell’esecutivo somiglia alla tela di Penelope. Che un giorno si fa e quello dopo interviene qualcosa o qualcuno a disfarla. Sappiamo con quale fatica e con quali prove di equilibrio il governo si deve misurare quotidianamente. È anzi evidente.
Una settimana si parla di rinvio di aumento dell’Iva e di cancellazione dell’Imu sulla prima casa non per tutti, la settimana dopo veniamo a sapere che entrambe le possibilità vengono rimesse in discussione. Le cronache ci parlano di colpi e di riassestamenti al fragile equilibrio di governo: una volta sono le dichiarazioni di qualcuno, di centrosinistra soprattutto, che scalpita per andare alle elezioni con il porcellum, sapendo che programmi e promesse non potranno essere né diversi né migliori di qualche mese fa. Un’altra ancora sono le crisi industriali, devastanti non per una città, ma per tutto il Paese: Ilva, Indesit, l’Ast di Terni. Si parla con insistenza anche di una eventuale privatizzazione della Rai. Senza dimenticare la giustizia, molto solerte quando si occupa di politica e di alcune note aziende, più lenta per la gente comune costretta a trascinare per anni problemi che non meritano mai gli onori delle cronache.
In attesa di una convocazione a Palazzo Chigi sulla riforma del lavoro, ribadiamo quello che abbiamo già detto in mille salse e ripetuto con grande preoccupazione anche nell’ultimo incontro al ministro Giovannini. La realtà va più veloce delle nostre idee e delle soluzioni, pur condivisibili, che il governo intende scegliere. La realtà continua ad andare verso una pessima direzione a velocità elevatissima, più elevata dei tempi che servono al governo e al Parlamento per decidere. Se nel sistema non verrà immessa liquidità, neanche il più sicuro dei contratti di lavoro ci garantirà nuove assunzioni perché, se l’economia non gira, il mercato resterà fermo. Peggio di com’è adesso.
*Segretario generale Ugl