Turchia, la calma è solo apparente. Dietro gli scontri di piazza la partita Erdogan-Gul
La calma in Turchia era solo apparente: nonostante le scuse parziali del vicepremier Bulent Arinc per la brutalità della polizia, ad Ankara e a Istanbul si sono registrati altri scontri, e a Smirne c’è stata una retata contro oppositori accusati di avere usato twitter per appoggiare la protesta. Anche a Antiochia, vicino al confine con la Siria, decine di migliaia di persone hanno partecipato ieri 4 giugno ai funerali di un giovane manifestante ucciso lunedì, ci sono stati duri scontri nella notte. Il vicepremier Arinc, capo del governo ad interim in assenza di Erdogan, fino a giovedì in visita ufficiale nel Maghreb, dovrebbe incontrare a Istanbul le organizzazioni che hanno organizzato la settimana scorsa le prime manifestazioni contro la distruzione di Gezi Park. Come successo in altre nazioni, la rivolta causa un effetto domino che coinvolge sempre più soggetti: altri sindacati turchi potrebbero aderire allo sciopero proclamato per due giorni dalla Confederazione della funzione pubblica Kesk. Come molti altri intellettuali e artisti che appoggiano la protesta, il regista Ferzan Ozpetek ha annunciato su twitter che se ci sarà uno sciopero generale anche lui «si fermerà». Anche il premio Nobel di letteratura Orhan Pamuk si é schierato al fianco dei manifestanti di piazza Taksim, denunciando «l’approccio oppressivo e autoritario» del governo del premier Recep Tayyip Erdogan, riferisce Hurriyet online. E anche oggi mercoledì 5 giugno migliaia di manifestanti sono tornati su Piazza Taksim a Istanbul, luogo simbolo della protesta. Insomma, un copione già visto in altre nazioni, soloche la Turchia non è la Tunisia. Si gioca probabilmente una partita nella partita dietro lo scontro fra il popolo laico sceso in piazza e il premier Erdogan. I giocatori sono i due esponenti di spicco del partito islamico Akp, lo stesso Erdogan e il capo dello stato Abdullah Gul. Il primo ha provocato e infiammato la piazza, rileva la stampa turca, con la solita retorica muscolare, con dichiarazioni spregiative verso i manifestanti (bollati come «tre, quattro vandali»), il secondo si è ritagliato un profilo di volto moderato del potere pronto al dialogo con i ribelli. In gioco c’è l’elezione presidenziale del 2014 che vede i due compagni di partito, cofondatori dell’ Akp, sempre di più in rotta di collisione. Le prime frizioni si sono avute l’estate scorsa, quando Erdogan ha fatto capire di puntare alla poltrona di Gul, dopo una revisione costituzionale in chiave presidenziale del sistema. In altre parole, il progetto del premier è diventare capo dello stato – anche perché lo statuto Akp non gli consente di restare premier dopo il 2015 – concentrando nelle sua mani tutti i poteri. Gul aveva fatto conoscere la sua irritazione attraverso una intervista molto risentita con i compagni di partito del suo portavoce Ahmet Sever. Da allora fra i due ex-amici il fossato non cessa di allargarsi. Gul, considerato 10 anni fa un “falco”, ha trasformato la propria immagine, diventando uomo di consenso, moderato, democratico e aperto. Mentre Erdogan, convinto di non avere più rivali in vista, dalla vittoria alle politiche del 2011 (la terza, con il 50%) ha adottato una linea sempre di più autoritaria e ha accelerato a detto di molti la svolta islamica del Paese, sempre restando però a strettissimo contatto con l’Occidente (la Turchia fa parte tra l’altro della Nato dal 1952, di cui è la seconda forza armata permanente più importante, dopo quella Usa). Durante il lungo sciopero della fame di migliaia di detenuti curdi l’anno scorso, preso come sempre di petto da Erdogan, Gul ha lanciato appelli, ha chiesto moderazione, ha fatto pressioni sul ministro della giustizia. Erdogan poi ha voluto togliere l’immunità ai deputati del partito curdo Bdp. Gul si è opposto, in nome della democrazia. Il premier ha rinunciato. Il presidente ha detto che è legittimo protestare pacificamente e non appena il premier è partito per tre giorni nel Maghreb, ha concordato con il suo vice una apertura. L’antagonismo fra i due ha raggiunto un livello tale che il leader del principale partito di opposizione, Kemal Kilicdaroglu, si è detto pronto a votare alle presidenziali Gul contro Erdogan.