Valanga di arresti in Turchia dopo lo sgombero di piazza Taksim, fermato un fotografo italiano
Non si placano gli scontri in Turchia: 441 i manifestanti arrestati, attaccata ad Istanbul la sede del principale partito d’opposizione, denunciato l’uso di sostanze urticanti nell’acqua gettata dagli idranti delle forze dell’ordine, oggi ad Ankara sciopero nazionale dei due principali sindacati Kesk e Disk, mentre ad Istanbul è caccia ai giornalisti da parte delle forze di polizia antisommossa che ne hanno picchiati e arrestati parecchi. Sul sito di Rsf Europa sono state diffuse fra l’altro le immagini dell’arresto del giornalista turco Gokhan Bicic, fermato e gettato a terra da quattro agenti: dalle finestre delle case la gente ha urlato ai poliziotti di lasciarlo stare, poi ha iniziato a lanciare oggetti di ogni tipo, anche una sedia in plastica, sugli agenti, che hanno comunque trascinato via il cronista. Un fotografo italiano, Daniele Stefanini, 26 anni, livornese, è stato ferito domenica durante il comizio di Erdogan a Istanbul e al momento è in stato di fermo presso la questura.
Viale Istiklal, piazza Taksim, Besiktas, il ponte sul Bosforo: nomi che fanno scattare nella mente di milioni di turisti immagini di vacanze orientali, di cartoline variopinte. Questi posti nel cuore di Istanbul sono divenuti zone di guerriglia. Decine di migliaia di persone sono di nuovo scese in piazza domenica nella megalopoli del Bosforo per marciare su Taksim e denunciare il brutale assalto, la notte precedente, della polizia a Gezi Park e ai giovani che lo occupavano. Un attacco che ha provocato 800 feriti, fra cui bambini colpiti da proiettili di gomma, decine di persone “bruciate” dalle sostanze urticanti messe dalla polizia nell’acqua degli idranti – come denunciato dalle foto degli attivisti nelle quali si vedono chiaramente i poliziotti caricare il “Jenix” nei blindati – o soffocate dalle nuvole di gas lacrimogeni, mentre le forze antisommossa arrestavano i medici che avevano curato i manifestanti feriti, picchiavano un deputato di opposizione, avvocati e giornalisti. È in atto “una guerra contro la popolazione”, ha accusato la presidente dei Verdi tedeschi Claudia Roth, intossicata dai lacrimogeni. Una folla enorme si era riversata verso Taksim già nella notte, non appena si era sparsa la notizia dell’attacco. Per ore ci sono stati durissimi scontri in tutta la città.
La guerriglia è ricominciata domenica a fine mattinata. Le forze antisommossa, appoggiate da blindati, cannoni ad acqua, fra raffiche di gas lacrimogeni e granate assordanti hanno impedito l’accesso a Taksim. La polizia ha attaccato i manifestanti che si avvicinavano al cuore della città. Via Istiklal, icona della Istanbul turistica, è stata sommersa sotto i lacrimogeni, mentre centinaia di agenti protetti dietro mezzi blindati la risalivano. Dozzine di giovani sono stati arrestati, ammanettati, allineati, trascinati verso i cellulari, costretti a camminare piegati in due. Stesse scene a Besiktas, Sisli, Kurtulus, Gazi, il quartiere alawita di Istanbul. A Kizilay, nel cuore di Ankara, gli scontri sono iniziati a fine mattinata, quando la polizia ha bloccato il feretro del giovane manifestante Ethem Sarisuluk, ucciso proprio a Kizilay da una pallottola nel cervello sparata da un agente. Le forze antisommossa hanno poi attaccato con lacrimogeni e cannoni ad acqua le migliaia di persone che aspettavano l’arrivo del feretro, molte con un garofano rosso in mano. La polizia ha continuato tutto il giorno a sparare – incurante del traffico di auto, bus e taxi in mezzo alla piazza – centinaia di candelotti lacrimogeni, ad altezza d’uomo.
Ci sono state manifestazioni e scontri in molte altre città. A Konya i manifestanti sono stati aggrediti da militanti del partito islamico di Erdogan. A Istanbul, a meno di dieci chilometri da dove stava continuando la battaglia di Taksim, una folla enorme – un milione di persone, secondo gli organizzatori – di sostenitori del partito islamico, trasportati da decine di autobus e traghetti, acclamava il premier. Il comizio era stato organizzato per fare una dimostrazione di forza, rispondere alle centinaia di migliaia di giovani scesi in piazza in tutto il Paese per chiedere la fine della repressione, più democrazia e le dimissioni del premier. Erdogan ha affermato che era suo dovere “ripulire” Gezi Park. E ha di nuovo parlato di complotto contro il suo governo da parte di lobby finanziarie, del capo dell’opposizione, della stampa estera, e annunciato ritorsioni contro chi ha simpatizzato con i manifestanti. Tutte le tv turche – anche, e soprattutto, quelle che hanno ignorato la protesta dei giovani – hanno trasmesso in diretta il comizio. Halk tv, la piccola emittente di sinistra che ha sfidato il potere fin dai primi giorni trasmettendo la diretta le manifestazioni dei giovani, temerariamente ha interrotto la diretta con le immagini di un documentario sui pinguini. Una delle grandi tv di informazione turche aveva trasmesso appunto un documentario sui pinguini durante i primi durissimi scontri di piazza Taksim il 31 maggio. Da allora il pinguino con una maschera antigas sul becco è divenuto il simbolo della rivolta dei giovani turchi.