2043: dialogo immaginario tra padre e figlio sul ritorno di Forza Italia

1 Lug 2013 14:16 - di Mario Landolfi

Facciamo un salto in avanti di trent’anni, siamo nel 2043 e immaginiamo un dialogo tra un giovane studente curioso delle cose della politica e suo padre, non ancora cinquantenne. Potrebbe svilupparsi pressappoco così: «Papà, perché nel 2013 Berlusconi decise di riesumare il movimento politico Forza Italia che solo cinque anni prima aveva sepolto per dare vita insieme con An al Popolo della libertà?». E il padre: «Non so. All’epoca ero solo un ragazzino, ma ricordo che sentivo spesso tuo nonno, elettore berlusconiano della primissima ora, lamentarsi di quello che definiva il teatrino della politica. Ripeteva che c’era una gran confusione e che alla base di questi partiti che spuntavano come funghi o che scomparivano per poi ritornare contavano più gli interessi che gli ideali. Ne era molto deluso, ma non credo che abbia mai votato altri».

Un po’ poco, ma meglio di niente. A quel punto, per saperne di più, il ragazzino decide di consultare i giornali e i siti internet di trent’anni addietro per inquadrare il clima che all’epoca si respirava nel maggior partito del centrodestra italiano. Ma anche in questo caso non ne ricava un granché. Vi legge di cori entusiastici intonati più o meno dagli stessi che cinque anni prima avevano salutato con altrettanto entusiasmo la nascita del Pdl e che, con il consueto trasporto, ne avevano immaginato il rilancio attraverso primarie, congressi, liste aperte, fin nell’imminenza della decisione di seppellirlo.

Ricostruire il clima respirato intorno ad un evento è operazione sempre utile, ma quello indagato dal nostro giovanissimo ricercatore risulta troppo artefatto, conforme, piatto e perciò inidoneo a trasmettergli le ragioni e le passioni della politica. A lui interessa trovare risposte ai tanti perché rimasti in sospeso a dispetto del tempo. L’interrogativo che lo assilla è capire che cosa abbia spinto Berlusconi, uomo immune da nostalgie e da rimpianti, ad intestarsi un così inspiegabile e frettoloso ritorno al passato. Uno spiraglio sembra dischiudersi, ma è solo un’illusione. Su un vecchio sito on line, il ragazzo ha appena scovato una dichiarazione del segretario dell’epoca, Alfano, che in un’intervista spiega la decisione con la necessità di offrire ai moderati uno strumento per vincere. Ma è fuffa. I simboli hanno una sicura forza evocativa ma poi per convincere e per vincere ci vogliono i contenuti. No, proprio non ci siamo. Alfano lo sta portando fuori strada. Come gli altri, del resto: Verdini, Santanché, Bondi, Lupi, Gelmini. Saranno pure divisi in falchi e colombe ma le loro parole si leggono in fotocopia: «Siamo compatti intorno a Berlusconi», «Forza Italia è la soluzione giusta», «torniamo allo spirito del ’94» e così via. Ma è propaganda, solo ed unicamente propaganda. Politica zero.

Il ragazzo ha ormai perso la speranza e pure la pazienza. Ma è proprio a questo punto che s’imbatte casualmente negli statuti dei due partiti, dalla cui sinottica lettura scocca la scintilla dell’intuizione. Non ha infatti faticato ad accorgersi che, a differenza di Forza Italia,  Berlusconi considera il Pdl una trappola mortale. Prima la logica delle quote (il 30 per cento di tutto era riservato all’ex-An) e poi una governance troppo arzigogolata tra segretario, coordinatori, vicari, ufficio di presidenza eccetera eccetera lo hanno imbrigliato. Lo studente è abbastanza perspicace da intuire che un’architettura così barocca finisce per togliere il respiro stesso all’estro del Cavaliere, da sempre poco avvezzo per non dire del tutto ostile alle liturgie di partito. Ora sa di essere a un passo dalla spiegazione e ne è soddisfatto. Da solo sta venendo a capo di una decisione che trent’anni prima nessun opinionista, politologo o commentatore riuscì a codificare nei suoi giusti termini. Grazie a lui, ora quella scelta ritorna d’attualità nella sua giusta luce: essa rispondeva unicamente all’esigenza di rimettere in piedi un’organizzazione che assecondasse al massimo il potente carisma berlusconiano e ne valorizzasse l’effetto one man band. La sostanza è questa, il resto è puro orpello. Dell’alleanza moderata di quel periodo, tutto ora gli appare più leggibile. Ad esempio, ha capito che se la responsabilità di alcune deludenti performances del centrodestra di governo fu dapprima scaricata su Casini e poi su Fini – per cui dal Pdl il primo fu escluso ed il secondo addirittura espulso – in seguito la “colpa” fu addossata per intero agli ex-An, letteralmente asfaltati al momento della compilazione delle liste. Ma poiché neanche l’operazione di pulizia etnica riuscì a ripristinare la mitica età dell’oro, il Cavaliere pensò bene di occuparsi personalmente di quegli ex-forzisti apparsi troppo tiepidi verso la sua ricandidatura a premier e fortemente indiziati di aver cospirato contro la sua leadership. Non poteva azzerarli, ma ridurli all’impotenza sì. Cosa che fece imponendo loro la riesumazione della vecchia Forza Italia, di cui tornò ad essere l’incontestato numero uno, pronto a condurla in nuove e fascinose battaglie.

Quale però ne sia stato l’esito non è ancora dato saperlo. Il giovane studente è stanco ed è andato a dormire. Il prosieguo della storia del più grande ed importante rassemblement politico nazionale, che per circa vent’anni ha custodito le speranze e le ansie di milioni e milioni di italiani, lo scoprirà un’altra volta. Nel frattempo, a noi non resta che incrociare le dita.

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