Ancora un assalto dei No Tav a Chiomonte: bengala e petardi ad altezza d’uomo contro le forze dell’ordine
Ancora razzi, petardi e bombe carte. Un nuovo raid No Tav mette a ferro e fuoco il cantiere della Torino-Lione di Chiomonte. Poco prima di mezzanotte, una ventina di attivisti del movimento antagonista che funesta da sempre l’area e mette a rischio la vita di chi ci lavora hanno di nuovo forzato le recinzioni e lanciato bengala e grossi petardi ad altezza d’uomo contro le forze dell’ordine. Poliziotti e carabinieri sono usciti dal cantiere, dove si stanno svolgendo i lavori propedeutici alla nuova linea ferroviaria ad Alta Velocità, e hanno disperso i manifestanti sparando alcuni lacrimogeni. Nessuno è rimasto ferito e i manifestanti sono stati dispersi. Un mortaio artigianale costituito da un tromboncino di plastica lungo un metro e 20 centimetri è stato trovato dalle forze dell’ordine nei boschi di Chiomonte durante le operazioni di bonifica successive all’attacco. Sono stati recuperati anche cinque artifizi pirotecnici inesplosi e nove grossi petardi. I residui di un ulteriore artifizio pirotecnico, esploso, sono stati recuperati sulla carreggiata dell’autostrada Torino-Bardonecchia. I lavori all’interno del cantiere per ora non hanno subito alcun ritardo. Questa volta nessuno si è fatto male, ma per quanto durerà la fortuna?
L’ala più violenta del movimento No Tav aveva annunciato nuove azioni contro il cantiere per l’estate e, puntualmente, gli antagonisti, molti dei quali “amici” dei grillni e coccolati da certa sinistra radicale hanno mantenuto la parola e non si sa come, hanno potuto agire in sostanziale tranquillità, provocando e mettendo a rischio l’incolumità delle persone. «Serve tolleranza zero per i delinquenti: ora tocca alle istituzioni mettere in pratica quel pugno di ferro che da tempo auspichiamo», sostiene Agostino Gliglia, portavoce piemontese di Fratelli d’Italia, commentando il nuovo attacco annunciato e realizzato. «La protervia di coloro che passeggiano in Val Clarea con molotov, bombe carta e bengala definendosi baluardi di democrazia non è più tollerabile: urge un’inversione di tendenza atta a tutelare l’incolumità dei lavoratori ed il rispetto del cronoprogramma dei lavori di un’opera indispensabile per spezzare una spirale recessiva».