“Contro il sistema la gioventù si scaglia”. Ma qual è il grido di battaglia?
Uno degli slogan più gettonati della destra anni Settanta – “Contro il sistema la gioventù si scaglia” – può di per sé essere una risposta all’analisi di Annalisa Terranova sullo scarso interesse dei giovani per la politica, un fenomeno che sarebbe bipartisan. Quel “sistema” contro il quale ci si scagliava per fortuna è solo un lontano ricordo, a cominciare dalla vergogna dell’arco costituzionale teso a lasciare ai margini il Msi per finire con la strategia della tensione che ha dato vita alla stagione del “sangue chiama sangue”. Cambiati i tempi e cambiati gli uomini, però, non è mutata l’esigenza dei giovani di affrontare nuove sfide. Non è un caso se la voglia di partecipazione sia tornata nel nefasto periodo di Monti a Palazzo Chigi: tutti – non solo i giovani – hanno reagito a un governo imposto dall’alto, aggravato dal forte sospetto del diktat dalla Germania; in tanti non hanno digerito il commissariamento della volontà popolare, la marcia trionfale dei banchieri e dei poteri forti, l’esultanza di una sinistra che si era venduta al diavolo pur di liberarsi del nemico numero uno. In quel momento – e bastava dare un’occhiata al web per rendersene conto – c’è stato un risveglio, un interesse per la politica che sembrava evaporato. Era venuto fuori un “sistema” contro cui scagliarsi. Tutto il resto era noia, a partire dalle solite, stucchevoli sortite dell’antiberlusconismo. La mobilitazione per togliere la politica dalle mani dei professori e dei banchieri è stata massiccia e (in parte) ha ottenuto risultati, poi ne è seguita un’altra contro lo smacchiatore di giaguari. Ed è innegabile che nella campagna elettorale per le politiche ci sia stato un altro momento di grande partecipazione, complice anche la presenza di Grillo. I nove milioni di telespettatori che hanno assistito allo scontro tv tra Santoro e Berlusconi ne sono una prova inconfutabile. Ora siamo in un periodo di stallo, perché le larghe intese saranno pure necessarie ma non sono in grado di generare passione. Qualcosa però si muove: a sinistra hanno creato una realtà virtuale che sta rendendo la politica altrettanto virtuale. E questo mix può trasformarsi nel “sistema” contro cui scagliarsi perché non si può assistere passivamente a una serie infinita di falsità fatte passare per cose vere: i vertici di Viale Mazzini negano che Raitre sia di sinistra; i magistrati negano che contro il Cav ci sia stato accanimento giudiziario; la sinistra è passata dalla lotta proletaria alla politica a danno del proletariato, ma si copre di un operaismo di facciata; il sindacato maggiore scende in piazza solo quando fa comodo al partito di riferimento, beffando i propri iscritti; la partita dell’Imu viene giocata sul cui prodest; il Pd a parole è contro la Merkel e poi si mette in fila indiana per baciarle la mano; sullo scandalo Montepaschi è stato messo il silenziatore. E sono solo alcuni esempi di un nuovo “sistema” chiuso, oscuro, un’accozzaglia di contraddizioni che rischia di avere conseguenze pesanti. Ripartire da qui, essere alternativi a queste logiche e alla sinistra, può essere coinvolgente soprattutto per le giovani generazioni. E sarebbe una battaglia di destra. Perché la destra non è e non sarà mai virtuale.