Il Csm sconfessa la Boccassini e le altre toghe di Milano: «Da Berlusconi critiche, non insulti»
Il voto sarà formalizzato giovedì prossimo, ma è ormai certo che il Csm non darà la tutela ai magistrati di Milano chiamati in causa da Silvio Berlusconi nel comizio di Brescia di due mesi fa, pochi giorni dopo la sua condanna al processo Mediaset. Il relatore della pratica in Prima Commissione Mariano Sciacca ha confermato la richiesta di archiviazione del fascicolo: le affermazioni del leader del Pdl furono forti, ma rientrano comunque nei limiti del diritto di critica, anche perché fatte in un comizio elettorale. «Ci sono dei magistrati politicizzati accecati dal pregiudizio e da una invincibile invidia, che sfocia spesso nell’odio nei miei confronti», aveva detto tra l’altro Berlusconi a Brescia parlando di un tentativo di «eliminarlo dalla scena politica». Un discorso che aveva spinto prima i consiglieri togati di Magistratura Indipendente, il gruppo più moderato dei giudici, e poi quelli di Area (il cartello che rappresenta le correnti di sinistra delle toghe) a chiedere al Comitato di presidenza del Csm l’apertura di una pratica a tutela dei magistrati di Milano. Pratica per la quale non ci sono gli estremi, a parere del relatore e dell’intera Commissione, che già il mese scorso aveva manifestato questo orientamento, e che giovedì dovrà finalmente esprimersi con un voto.
Una ragione che è largamente condivisa: il discorso di Berlusconi avrebbe i connotati di una critica molto aspra ma non configurerebbe una lesione del prestigio non solo dei giudici di Milano ma dell’intera magistratura, tale da determinare «un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria», così come richiede la nuova e più restrittiva disciplina sulle pratiche a tutela. Il punto su cui ancora la discussione è aperta è se inserire un passaggio che comunque sottolinei l’inopportunità delle dichiarazioni di Berlusconi. Il destino della pratica è comunque segnato: con le nuove regole è solo la Prima Commissione a avere voce in capitolo e in via definitiva sulle pratiche a tutela. Le sue decisioni possono essere riviste solo se a chiederlo è almeno la metà di tutti i consiglieri di Palazzo dei marescialli.