Il maxiprocesso ai No Tav resta nell’aula bunker: «Testimoni minacciati»

5 Lug 2013 17:25 - di Redazione

La violenza e l’intimidazione devono rimanere fuori dalle aule giudiziarie. Il maxi processo per gli scontri dell’estate 2011 fra No Tav e forze dell’ordine è stato scandito da «incidenti dovuti alle intemperanze degli imputati e del pubblico», ed è anche per questo motivo che deve continuare a svolgersi, fino alla conclusione, nell’aula bunker delle Vallette». Lo ha affermato il presidente del tribunale, Luciano Panzani, in un ‘ordinanza letta  in aula dal giudice Quinto Bosio rigettando la richiesta delle difese di trasferire il dibattimento a Palazzo di Giustizia. Uno degli imputati si è allontanato gridando  di «non essere un mafioso né un terrorista», riferendosi alle vicende che di solito vengono trattate nell’aula bunker.

Né mafiosi né terroristi? Sarà pure così. Ma come chiamare allora le attività volte a turbare e alterare il regolare svolgimento del procedimento? «I nostri testimoni – dice il pm Antonio Rinaudo – sono stati minacciati e dobbiamo occuparci della loro tutela». L’occasione è stata la convocazione, come primo teste dell’accusa, di Giuseppe Petronzi, numero uno della Digos, che è  stata tenuta nascosta fino all’ultimo minuto ai difensori. Dal legal team dei No Tav si sono levate proteste e richeste di sospensione, e l’ avvocato Claudio Novaro, in particolare, ha definito «scandaloso» l’atteggiamento della procura: «Noi dobbiamo avere il tempo di preparare il controinterrogatorio». Il pm Rinaudo, sottolineando che la procedura non è stata violata, ha detto che lo scorso 3 luglio l’imprenditore valsusino Antonio Lazzaro, testimone della procura, ha ricevuto una busta con un proiettile e il messaggio «fotografo infame, devi morire». Figuriamoci quindi  che cosa accadrebbe se il processo si svolgesse in un  luogo  accessibile ai tanti facinorosi che sostengono gli estremisti accusati. E vale la pena anche ricordare che in Val di Susa il clima è continuamente turbato dalle “prodezze” di un gruppo di teste calde.  Una lettera con polvere da sparo, indirizzata al sindaco di Susa Gemma Amprino, nota per le posizioni a favore dell’Alta Velocità, è stata ad esempio fermata all’ufficio postale del paese in provincia di Torino. Alla sezione distaccata del tribunale di Susa è stata inoltre  recapitata una lettera con all’interno il proiettile di un’arma a salve. Era indirizzato al giudice Costanza Goria.  Fanno bene o no i giudici del Tribunale di Torino a prendere  le dovute pracauzioni?

 

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