Il pasticcio kazako, il caso Calderoli, gli insulti alla Carfagna: un’Italia barbara, dal volto sfigurato, che non riusciamo più a riconoscere

15 Lug 2013 14:20 - di Gennaro Malgieri

E’ un’Italia barbara quella che scopriamo giorno dopo giorno, nella quale il disagio diventa sempre più opprimente.

Leggiamo del pasticcio kazako e dovremmo vergognarci, in massa, a prescindere da chi lo ha permesso ed oggi gioca come al solito a scaricabarile. Intanto una innocente giovane donna con la sua bambina sono state rimpatriate ad Astana, alla mercé del dittatore Nursultan Nazarbaev, nemico del marito e padre della piccola, l’ex-ministro Muktar Ablyazov (non uno stinco di santo da quanto apprendiamo), del quale pretendeva l’estradizione dal nostro Paese: non ce l’hanno fatta a catturarlo, in compenso gli hanno mandato i suoi congiunti, è pur sempre qualcosa. Se avete tempo e modo di leggere la deposizione, pubblicata dal Financial Times, della signora Alma Shalabayeva, prelevata – è il caso di dirlo – dalla sua abitazione tra il 28 ed il 29 maggio scorso da una trentina di persone che non si qualificarono, ma le condussero nel centro di detenzione a Ponte Galeria e poi le imbarcarono su un aereo privato con destinazione il loro Paese, rabbrividirete e vi chiederete se cose del genere possono accadere in un Paese civile.

Leggiamo dell’aggressione violentissima a mezzo web subita dall’onorevole Mara Carfagna dai grillini  per aver legittimamente criticato un senatore del M5S che chiedeva l’oscuramento delle reti Mediaset: la deputata si è presa per questo gli insulti più infamanti ed è stata esposta alla gogna mediatica come neppure nel più crudele dei supplizi si potrebbe immaginare. La Rete non è soltanto uno strumento di comunicazione di massa o di interconnessione planetaria: è un mezzo sofisticato di lapidazione digitale attraverso il quale si può ledere l’onorabilità e la dignità delle persone fino a distruggerle.

Leggiamo che il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, onorando la sua alta carica, non si è peritato di dare dell’ “orango” al ministro Cècile Kyenge. Ha detto che era una battuta e si è scusato con lei dandole un appuntamento per chiarirsi di persona. Soltanto qualche giorno fa una consigliera di quartiere di Padova, sempre della Lega, tale Dolores Valandro, si chiedeva sulla sua pagina Facebook, parlando della Kyenge, “perché non la stuprano?”. E’ stata rinviata a giudizio per istigazione a commettere atti di violenza sessuale per motivi razziali.

Fermiamoci qui. Non basterebbe una intera edizione del nostro giornale a documentare l’imbarbarimento di una società che sembra aver perduto il senso comune. E’ come se fosse caduta in un abisso dal quale non riesce a risalire. Inevitabile chiedersi che cosa sia accaduto e stia accadendo. Le motivazioni (se di motivazioni si può parlare) sono tra le più varie e, non intendendo fare della sociologia d’accatto, ci permettiamo soltanto di porre la questione: come è potuto succedere che comportamenti pubblici e privati – tra questi il femminicidio, l’uso raccapricciante del corpo delle donne, il pansessualismo che connota ogni ambito della vita associata, il disprezzo dell’altro, del vicino, di chi magari ha avuto più fortuna, l’escalation di delitti per futili motivi, l’invidia sociale che dilaga come una epidemia, e via elencando – abbiano dato luogo ad una devastazione morale quale mai si era registrata in Italia, Paese con tanti problemi che fino a poco tempo fa conservava una sua gentilezza di fondo, uno charme, potremmo dire, che non soltanto gli era riconosciuto, ma perfino invidiato?

Roba per sociologi. Forse. Ma di certo roba per politici, per intellettuali, per orientatori del pensiero. E soprattutto per coloro i quali avendo fatto della libertà una religione non hanno saputo governarla relegando in un ripostiglio il principio di autorità che solo può indirizzare una comunità verso destini meno bestiali.

Gli appelli non servono a molto. Occorre una rivoluzione morale e culturale. Ma mentre balliamo sul baratro di una crisi economica che incattivirà ancora di più ognuno di noi, è difficile che migliori la situazione generale. La rigenerazione dell’Italia dunque può attendere. Purtroppo.

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