Imu, Iva e misure tagliadebito: il ministro Saccomanni la smetta di fare il “frenatore”

8 Lug 2013 18:28 - di Oreste Martino

Il Pdl è partito lancia in resta verso il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, accusandolo con non poco fondamento di immobilismo dinanzi a una situazione pronta a esplodere. Il partito di Silvio Berlusconi ha accettato il governo di larghe intese guidato da Enrico Letta a condizione che si rispettassero alcune sue battaglie elettorali, quali l’abolizione dell’Imu e il blocco delle aliquote Iva ed è evidente che adesso tutto può fare tranne che tornare indietro sui paletti che ha piantato.

Al ministero dell’Economia, invece, si va avanti con passo burocratico e il ministro parla di rinvii che insospettiscono e di fatto nascondono il rischio che presto gli italiani si troveranno a pagare sia la tassa sulla casa sia l’aumento dell’Iva. Per evitare sorprese, il capogruppo del Pdl alla Camera Renato Brunetta, che di economia se ne intende, ha messo le mani avanti e giorno dopo giorno incalza Via XX Settembre in attesa di risposte che non arrivano mai. Ma se questa è la tattica, nei giorni scorsi Brunetta ha messo in campo anche un’opzione strategica, presentando un piano di abbattimento del debito pubblico che, se attuato, farebbe dell’Italia uno dei paesi virtuosi d’Europa.

Mentre si discute di come limare Imu e Iva il pallottoliere dice che abbiamo 2.041 miliardi di debito pubblico, oltre il 130% di quello che l’Italia produce ogni anno. Sono numeri catastrofici che richiedono una terapia choc, alla quale Brunetta ha lavorato con economisti del calibro di Paolo Savona, Francesco Forte e Rainer Masera.

L’idea è quella di trovare 400 miliardi di euro per portare il nostro debito al 100% del Pil e divenire virtuosi prima che lo stesso risultato ci sia imposto con enormi sacrifici dalle rigide regole europee. Tra appena due anni, infatti, prenderà il via il Fiscal compact, accordo che ci impone dal 2015 in poi di ridurre del 3% all’anno l’indebitamento per i successivi venti anni. Questo significa che dal 2015 al 2035 dovremo tagliare così tanto da mettere a repentaglio la nostra economia e il nostro welfare. Da qui l’idea, invece, di fare subito una cura da cavallo utilizzando le ricchezze che abbiamo, a partire dallo sterminato patrimonio immobiliare pubblico di cui spesso non conosciamo neanche i dettagli ed i valori.

L’idea del Pdl è di costruire una società ad hoc a cui conferire oltre 200 miliardi di euro di patrimonio, immobili, terreni, caserme, uffici e tant’altro. In tal modo il debito si ridurrebbe subito della stessa cifra, passando in capo ad un soggetto privato che emettendo obbligazioni lo spalmerebbe su investitori che col tempo recupererebbero i proventi delle dismissioni. Il sistema peraltro è già in uso in Germania con evidenti vantaggi per i conti pubblici, che così risultano ufficialmente migliori di quel che in realtà sono.

Nonostante la forza e la chiarezza di questa proposta, però, non c’è stata alcuna reazione politica all’idea di Brunetta, che richiederebbe soprattutto una forte volontà politica e forse anche una legge ad hoc per convogliare in un unico soggetto il patrimonio di Stato, Regioni, Comuni ed enti vari. Finora si è fatto veramente poco, anche quando qualche misura nuova è stata presentata con roboanti proclami, come nel caso della nascita della Sgr del ministero dell’Economia alla guida della quale sono stati chiamati due pezzi da Novanta dell’economia pubblica quali Vincenzo Fortunato ed Elisabetta Spitz. Per capire quanto si tratti di sola “aria fritta” basti pensare che a questo “miracoloso” veicolo per abbattere il debito pubblico sono stati destinati immobili per un miliardo e mezzo di euro, cioè meno dell’un per mille del nostro indebitamento. Di questo passo servirebbero duemila anni per azzerare il nostro debito. Ben venga, quindi, la proposta di Brunetta per cominciare a fare sul serio, nonostante dalle parti di Via XX Settembre si continui a far melina perché alla burocrazia piace più gestire un patrimonio miliardario che venderlo per togliere i debiti alle future generazioni.

 

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