La fortuna di non chiamarsi Silvio: uccise il padre, pena ridotta a otto anni

12 Lug 2013 14:37 - di Gabriele Farro

Le motivazioni saranno senz’altro valide, ma la vicenda fa riflettere: è stata decisa una nuova riduzione di pena in appello per Vanessa Zanni, la ragazza di 24 anni sotto processo perché accusata di avere ucciso a coltellate il padre, nel giugno 2009. Otto anni di reclusione le sono stati inflitti dalla III Corte d’Assise d’appello di Roma. Matteo Zanni, vetraio specializzato nel montaggio d’infissi, 48 anni, il 6 giugno 2009 fu colpito al cuore con un coltello nella sua abitazione. Riuscì anche a uscire sul pianerottolo di casa in una disperata ricerca di aiuto; si accasciò, però, sanguinante appena fuori dalla porta d’ingresso mentre chiedeva soccorso a una vicina. E fu quest’ultima ad avvisare la polizia. Al momento della tragedia padre e figlia erano soli in casa: la moglie di Zanni, infatti, si trovava al lavoro, mentre l’altro figlio stava giocando a calcio con alcuni amici. Vanessa Zanni fu trovata dagli agenti del Commissariato Primavalle e dagli agenti della Squadra mobile, in strada, con le mani sporche di sangue. Il coltello, insanguinato, lo aveva lasciato a casa. «Avevo pensieri strani, negli ultimi giorni non mi sentivo bene», fu la frase che disse alla polizia nel confessare il parricidio. Tortuoso l’iter giudiziario per questo tragico episodio. Condannata in primo grado a 14 anni di reclusione dopo il rito abbreviato, Vanessa Zanni si è vista ridurre a 10 anni di carcere la pena dalla I Corte d’Assise d’appello di Roma. La Cassazione, però, ha annullato la sentenza esclusivamente sulla determinazione della pena. Ora la III Corte d’Assise d’appello ha riesaminato i fatti e rideterminato in 8 anni la pena. Quasi la stessa pena decisa per Berlusconi, che però non ha ucciso nessuno. Le motivazioni, ripetiamo, saranno senza dubbio giuste ma c’è un altro fattore che probabilmente ha “aiutato” la parricida: la fortuna di non chiamarsi Silvio.

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