La maledizione del web sui leader della sinistra, condannati alla decadenza
Nichi Vendola è al tramonto politico, Rosy Bindi ha fatto il suo tempo, Bersani è costretto ad agire dalle retrovie, senza mostrarsi troppo e aggrappandosi alle cordate correntizie. Renzi è il talento destinato a non esplodere mai, un po’ come avviene nel calcio con le grandi promesse. Anche i “volti nuovi” messi in alti ruoli istituzionali non godono di particolari simpatie: basti pensare alla Boldrini, che è la più bersagliata dal popolo del web (i più “gentili” la invitano a tornarsene a casa). Eppure lei sta cercando di fare la scalata alla leadership del suo partito ai danni di Vendola, segno evidente della grave crisi in cui versa il Sel. La decadenza dei leader della sinistra è evidente, non tanto per mancanza di progetti (non ne hanno mai avuti) ma perché è venuto fuori il loro vero volto, a cominciare proprio dalla Bindi che vuol far pagare l’Imu alla gente per un dispetto a Berlusconi. O da Bersani, protagonista di un brutto pasticciaccio nel periodo post-elettorale. Ma la credibilità è venuta meno per tanti episodi, scelte illogiche, tutte cadute su quel popolo che a parole la sinistra dice di difendere. E nella società attuale è impossibile mettere il silenziatore grazie ai giornali “amici”, perché il web non perdona. C’è una battutaccia che gira da giorni su Facebook: «Qual è la differenza tra Vanna Marchi e la Fornero? Una ha rovinato 390 persone violando la legge, l’altra ha rovinato 390mila persone facendo una legge». E giù una serie infinita di commenti. Ma chi ha difeso strenuamente la Fornero etichettandola come “una dei nostri”? Il Pd, naturalmente. E questo non è passato inosservato. Un altro punto cruciale è stato il familiarismo, quell’accusa che la sinistra ha tentato di gettare sugli altri e che si è rivelata un boomerang. Circola ancora su facebook, raccogliendo condivisioni a raffica, un articolo del blog Qelsi (a firma di Riccardo Ghezzi) che dimostra le scelte “familiariste” del partito e delle sue liste: dalle figlie di ex deputati che non si sono potuti ricandidare perché diventati nel frattempo sindaci ai parenti di banchieri, dalle mogli di ex assessori regionali ai figli di ex senatori o ministri di precedenti governi. Tutto in nome della meritocrazia. Per non parlare poi dello smacchiatore di giaguari: i tweet di Bersani in campagna elettorale si sono trasformati nella barzelletta della rete. Stesso destino per Renzi, che dice una cosa e dopo ventiquattr’ore ne dice un’altra di segno opposto. Viene il sospetto che la decadenza dei leader della sinistra sia frutto di una maledizione. La maledizione del web.