La povertà non è più appannaggio dei soli disoccupati, rischia grosso anche chi ha un lavoro
Secondo il barometro Crif sulla domanda di credito, la fiducia ai minimi, la disoccupazione record e la crisi dei consumi hanno frenato la propensione degli italiani a richiedere credito per sostenere l’investimento per la casa e gli acquisti di beni durevoli. Nel primo semestre 2013 la domanda di mutui e prestiti ha toccato il livello minimo degli ultimi dieci anni, con un calo, rispettivamente del 10% e del 2%. A giugno di quest’anno, addirittura, il numero di domande di mutui ha subito una contrazione del 6% rispetto allo stesso mese del 2012, i prestiti sono al -4%.
La notizia arriva a un solo giorno di distanza dall’allarmante rilevazione dell’Istat sulla povertà in Italia (rapporto 2012), che tuttavia sembra aver smosso le coscienze di pochi, visto che il Presidente Napolitano è stato costretto per l’ennesima volta ad appellarsi al senso di responsabilità e di coesione nazionale per evitare una crisi di governo dai risvolti “irreversibili”.
Nell’incubo della povertà assoluta si può precipitare pur avendo uno stipendio. Oltre che tra le famiglie di operai e tra i lavoratori in proprio, anche tra gli impiegati e i dirigenti, tra le famiglie dove i redditi da lavoro si associano a redditi da pensione si va sempre più incontro al rischio di incontrare gravi difficoltà per procurarsi quei beni e quei servizi essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile. Ripetiamo: anche tra le famiglie non povere in Italia esistono gruppi a rischio di povertà.
Se non a combattere questa piaga o quella della disoccupazione o il declino industriale o il rigore di un fisco asfissiante e ingiusto, a cos’altro dovrebbe servire il governo di larghe intese? Solo a questo e non è poco. Che ci piaccia o meno, questo governo è l’unica strada percorribile per l’Italia. Il capo dello Stato è stato fin troppo chiaro: «È indispensabile nell’interesse generale proseguire nella realizzazione degli impegni del governo Letta». Lasciarlo cadere o attivarsi per una sua fine anticipata rispetto agli obiettivi, potrebbe essere un bel gioco per alcuni politici ambiziosi, ma sarebbe un rischio troppo alto da sopportare per lavoratori, pensionati, famiglie, giovani alla ricerca di un futuro, di un progetto possibile in cui credere.
*Segretario generale Ugl