Torna Forza Italia, il centrodestra si ristruttura, il Pdl diventa un partito-coalizione. Il cantiere è aperto

24 Lug 2013 13:45 - di Gennaro Malgieri

E’ l’ora di Forza Italia, dunque. Senza più incertezze, né tentennamenti. Berlusconi è stato perentorio: rinascerà a settembre e sarà parte del Pdl, ma in autonomia, insieme con gli altri soggetti del centrodestra. Il Pdl, dunque, il Cavaliere lo immagina come un partito-coalizione in modo da intercettare vari segmenti elettorali. L’idea dovrebbe essere praticabile: se la si fosse coltivata quando qualcuno pensava che una federazione di soggetti sarebbe stata più efficace del partito unico probabilmente ci si sarebbero risparmiati molti mal di pancia, innumerevoli crisi e tante incomprensioni.

Dunque, che Forza Italia sia. Ma, nel contempo, l’auspicio da parte di tutti è che si strutturino anche altre forze politiche del cosiddetto “mondo moderato” per dare spessore ad un quadro composito eppure unitario dal punto di vista coalizionale in grado di competere e di vincere. Ed in questo quadro, come auspica Berlusconi, è fatale che si riconosca anche la Destra nelle sue possibili (o impossibili) declinazioni, plurale o unitaria che sia, accanto ad altri movimenti o partiti di ispirazione riformista. E’ proprio il Cavaliere è far intendere che una prospettiva di tal genere sarebbe fortemente auspicabile immaginando Forza Italia come un soggetto più coeso e puntato sui giovani ed imprenditori, magari dotato di una nuova classe dirigente momogenea per quanto possibile.

Ecco perché con l’arrivo di Forza Italia il centrodestra sarà costretto – per fortuna – a ripensarsi e a rivedere tanto i rapporti interni quanto quelli concernenti possibili alleati, in particolare l’Udc e Scelta civica che prima o poi dovranno fare un salto di qualità al di là dei tatticismi e dei tentennamenti: la ripresa delle relazioni tra Monti e Casini non può essere scambiata per volontà di perseguire un disegno centristo abbondantemente bocciato dall’elettorato, dunque altra strada non dovrebbero imboccare se non quella di un’intesa con il nuovo centrodestra.

E’ evidente che l’ideale sarebbe, in vista delle elezioni (non proprio imminenti, com’è intuibile), che dopo la ricostruzione di Forza Italia si avviasse un cantiere nel quale  tutte le forze politiche che si oppongono programmaticamente alla sinistra trovassero un accordo programmatico per procedere, sia pure con le distinzioni appena richiamate, verso la conquista del consenso.

Dalle parti del Pd una strategia di tal genere non sono viene vista con attenzione, ma anche con apprensione. Se il Pdl, infatti, è nelle condizioni di potersi dare una nuova struttura di tipo federale, a sinistra la solitudine dei Democratici appare evidente. Sel, che terrà a breve il suo congresso, è nel marasma più totale (si parla addirittura della Boldrini al posto di Vendola, ma sembra fantascienza) e non sa con chi allearsi; il Movimento Cinque Stelle non resisterà a lungo arroccato in un’opposizione sterile e priva di prospettive. Con si farà coalizione il Pd? Già, deve fare i conti innanzitutto con se stesso. E non sarà facile. Il congresso si annuncia infuocato: la partita non sarà giocata soltanto tra Letta e Renzi, ma molti altri pretendenti alla segreteria “balcanizzeranno” il partito con possibili esiti traumatici a cominciare da import6anti defezioni o mini-scissioni. Ad una ricomposizione, dunque, non ci crede nessuno. Il clima è rovente. Come Caronte che nei prossimi giorni renderà l’aria irrespirabile.

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