Turchia, il tribunale annulla il progetto sul Gezi Park. I giudici salvano l’area verde della protesta
Un tribunale turco ha annullato il progetto immobiliare sull’area di Gezi Park e piazza Taksim a Istanbul. Respinto il ricorso del Ministero della cultura, dunque, il parco non può essere demolito: l’area verde – al centro della scena internazionale per le proteste nate inizialmente contro la demolizione di Gezi Park, ma divenute subito un atto di opposizione politica contro l’esecutivo islamico-moderato guidato da Erdogan – è salva. Salva ma, ancora una volta, epicentro delle polemiche: secondo un legale dei ricorrenti, il tribunale amministrativo ha preso la decisione ai primi di giugno, nel momento più caldo delle proteste di piazza contro il progetto. E non è chiaro neppure perché la sentenza sia stata resa nota solo ora. Così, in questo magma di dubbi e incertezze, quel che invece sembra essere altamente probabile è che le autorità turche faranno appello contro la decisione dei giudici. Un braccio di ferro interminabile, cominciato nell’ultimo mese, e che oggi segna una prima parziale vittoria dei contestatori. Parziale perché temporanea: la parola fine è infatti ben lontana dall’essere scritta in calce a questa storia, una storia che solo nelle note a piè di pagina riporta le contestazioni nate dal progetto di ricostruire una caserma ottomana, una moschea e un centro commerciale sull’area del parco e della piazza adiacente, piazza Taksim, cuore pulsante della vita sociale e civile della megalopoli sul Bosforo. Contestazioni poi, grazie anche all’attenzione mediatica internazionale contro cui lo stesso primo ministro turco ha adombrato il sospetto di strumentalizzazioni e mistificazioni, elevate al rango di protesta popolare contro il governo di Erdogan, accusato di essere autoritario e di voler islamizzare il paese. I primi di giugno, dunque, il parco – luogo simbolo delle rivendicazioni del manifestanti, scesi in piazza anche in altre città della Turchia – era stato occupato: la polizia aveva reagito duramente, e negli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti, seguiti in diretta tv da tutto il mondo, il bollettino dei feriti in quei giorni si aggiornava al tragico epilogo di quattro morti tra i contestatori e uno tra le forze dell’ordine. Un movimento dissidente variegato, quello nato a Istanbul, come da molto tempo non si vedeva nella Mezzaluna, che ha disorientato per la poliedricità dell’adesione alle rivendicazioni popolari e per l’evoluzione multiforme dei motivi della contestazione. Contestazione che ha messo nel centro del mirino di molti governi occidentali l’operato di Erdogan che poi, il 14 giugno, aveva ceduto annunciando che avrebbe bloccato il progetto fino alla definitiva pronuncia della magistratura sui ricorsi presentati, e anticipando, in caso di approvazione, che avrebbe indetto un referendum popolare. Oggi, un primo, temporaneo, epilogo della vicenda.