I francesi confermano il loro no al velo islamico anche nelle università

9 Ago 2013 19:50 - di Redazione

Bandire il velo islamico anche nelle università? La Francia si interroga ora che è stato reso noto un rapporto dell’Osservatorio della Laicità che auspica di vietare «i segni religiosi» negli atenei. La legge francese ha già messo al bando veli e foulard nelle scuole pubbliche, medie e licei, dal 2004. Ma la legge non riguarda le università dove, in assenza di normativa, si ricorre a regolamentazioni ad hoc. La proposta crea dibattiti e divide il governo, ma piace ai francesi. Un sondaggio Ifop pubblicato da “Le Figaro” indica che il 78% preferirebbe che nelle università le ragazze di confessione musulmana non portassero veli e foulard. Solo il 4% si dice favorevole, mentre il 18% non si pronuncia. Ogni volta che il tema del velo riaffiora nel Paese con la più numerosa comunità musulmana d’Europa (almeno 4 milioni di persone) i francesi, storicamente affezionati alla laicità, sono unanimi. Erano compatti nel 2004 per abolire il velo nelle scuole e lo sono stati due anni fa quando si è trattato di lottare contro il burqa nelle strade e nei luoghi pubblici. Ora condividono il discorso dell’Osservatorio, per il quale «il servizio pubblico superiore è laico e indipendente da ogni influenza politica, economica, religiosa e ideologica». In pratica l’organismo auspica il divieto di tutti «i segni e gli indumenti che ostentano un’appartenenza religiosa» nelle sale dei corsi e nei luoghi dedicati alla ricerca. Una «misura interessante» anche per il ministro dell’Interno, Manuel Valls: «Lasciamo all’Osservatorio fare il suo lavoro e formulare le sue proposte – ha detto Valls a “Le Figaro” – tanto più che bisognerebbe mettere un po’ di coerenza nell’insegnamento superiore».
Non è d’accordo Genevieve Fioraso, collega proprio all’Insegnamento superiore, che prende le distanze dalla posizione di Valls. Genevieve Fioraso fa soprattutto la distizione tra licei e università, dove gli studenti sono maggiorenni e questo fa la differenza: «L’università deve restare un luogo di incontro delle culture – ha aggiunto la ministra – e poi è più importante che i giovani portino avanti i loro studi, e tanto più le ragazze, perché studiare è un fattore di emancipazione». Tra l’altro, le stesse università sono state tirate in ballo pur non avendo mai sollevato il problema. Jean-Loup Salzmann, che presiede la Conferenza dei presidenti di università (Cpu), si oppone del resto ad una nuova legge: «Siamo legati alla laicità – ha detto a “Le Monde” – ma il dialogo ci sembra più utile».

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