Il costituzionalista Marini: «La decadenza di Berlusconi? Il ricorso alla Consulta contro la legge Severino è giusto e legittimo»
“La legge Severino, a mio avviso, ha più di un profilo di dubbia costituzionalità. La giunta delle elezioni non solo può, ma deve ricorrere alla Consulta”. Ne è convinto il costituzionalista Francesco Saverio Marini, ordinario di Diritto pubblico a Tor Vergata, che in qualità di avvocato ha difeso Marcello Miniscalco, segretario del partito socialista in Molise, escluso in forza di quella norma dalle ultime regionali per una vecchia condanna. «Quindi – sottolinea Marini – parlo con convinzione, al di là della vicenda Berlusconi». L’ipotesi amnistia, che sembrava possibile, nel giro di poche ore è sfumata. «Tecnicamente non vedo controindicazioni – osserva il giurista – ma politicamente mi sembra impossibile raggiungere una maggioranza dei due terzi». Su un punto, invece, Marini non ha dubbi: la possibilità della giunta di adire la Corte Costituzionale sulla legge Severino. «Sulla base della giurisprudenza costituzionale – afferma Marini – la giunta può sollevare questione di legittimità, ha tutte le caratteristiche della funzione giurisdizionale, svolge funzione giurisdizionale e di controllo di natura oggettiva». Altri esperti sono scettici, ritenendo difficile che un organo parlamentare possa indossare le vesti del giudice: la legge 87/53 sul funzionamento della Consulta afferma che per sollevare la questione occorre un giudice e un giudizio.
«In realtà – sostiene Marini – la giurisprudenza sul giudice “a quo”, cioè chi rimette le questioni alla Corte Costituzionale, è piuttosto largheggiante. Tra l’altro, la stessa legge Severino dice che è la Camera di appartenenza ad applicare la norma e a giudicare sui requisiti per accedere in Parlamento, e la giunta svolge in questa veste funzioni di controllo che tecnicamente sono assimilabili a quelli autodichia, la possibilità riconosciuta alle Camere di risolvere internamente le questioni sul personale senza ricorrere a tribunali esterni». C’è chi dice che la giunta non può farlo perché come organo parlamentare interviene sulle leggi modificandole ed esercitando il potere legislativo. «Ma la giunta non può cambiare la legge, semmai possono farlo le Camere», rileva Marini. «Certo – aggiunge – questo sarebbe il primo caso in cui la giunta solleva su una legge questione di legittimità di fronte alla Consulta. Di solito la decadenza di un parlamentare avviene per una sentenza penale che decreta l’interdizione dai pubblici. Qui il caso è differente e proprio questo pone dei dubbi di costituzionalità sulla legge. Quindi, a mio parere, questa è una strada doverosa, la giunta non può far altro: il giudice se ha un dubbio, anche uno solo, deve sollevarlo”. Immaginando uno scenario diverso, “se verrà votata la decadenza di Berlusconi, scatterà la legge Severino e lui diventerà incandidabile a nuove elezioni. In questo caso, la legge affida all’ufficio centrale elettorale la decisione sull’incandidabilità e non è previsto nessuna istanza successiva, nessun appello: questa è l’ultima decisione. Ma anche sotto questo profilo ritengo che la legge dovrebbe essere sanata». Riguardo alla retroattività, altro punto controverso, Marini non concorda con chi ritiene che la norma si possa considerate retroattiva perché non prevede una sanzione ma incide solo requisiti per per accedere a una carica. «Quei requisiti – sostiene il giurista – vengono eliminati come effetto di una sentenza penale passata in giudicato, un effetto che diventa sanzionatorio. Quindi, dire che la norma può essere retroattiva è un ragionamento che non regge».